"Quando pensi che la montagna sia troppo alta da scalare con le tue sole forze, hai una sola cosa che puoi fare: mantenere la fiducia"
"Mai darsi per persi. Cinquanta piloti dispersi nel deserto durante la tappa di 48 ore della Dakar. Una formula introdotta lo scorso anno, in cui i piloti partono e hanno la possibilità di guidare fino all’arrivo di alcuni cancelli previsti dall’organizzazione, per poi il giorno successivo completare la tappa. In questi cancelli ci sono bivacchi organizzati alla meglio. La tappa, in totale, è di quasi 1100 chilometri" racconta Iader Giraldi, che quest’anno partecipa alla Dakar rally in Arabia Saudita.
"Oggi mi è successo di tutto, ma la cronaca spicciola la trovate nel post. Quello che voglio dire è che, dopo un inizio disastroso, ho perso mezz’ora per aiutare un pilota caduto e in brutte condizioni. È obbligatorio farlo, ma è anche lo spirito del rally: noi siamo i primi soccorritori, e siamo formati per questo. Da lì, per un po’, ho iniziato a scoraggiarmi. Mi sono ritrovato ultimo e senza compagni. Ho guidato per 250 km da solo, in mezzo alle montagne, ma non ho perso la fiducia e piano piano mi sono fatto coraggio. Sembra una cosa banale, ma quando ti senti escluso — dalla gara, dalla vita — quando pensi che la montagna sia troppo alta da scalare con le tue sole forze, hai una sola cosa che puoi fare: mantenere la fiducia".
"Ci sono riuscito grazie al respiro. Ho respirato mentre guidavo. Profondamente. Con un certo ritmo. L’ho imparato in questi anni di formazione da Angelo, Pino e Marco, che voglio nuovamente ringraziare. Mi hanno fatto capire che noi non bastiamo a noi stessi. Con piccole tecniche talmente semplici da sembrare banali — come questo mio ragionamento — ma che ci salvano dalle situazioni difficili della vita. Comunque, oggi ci siamo. Mi sto preparando e la sfida è chiara: terminare i 670 km che mi consentono di restare in gara. On/Off. Respira".