"Se dovessi definire questa sentenza, mi verrebbe da fare una semi citazione letteraria 'Cronaca di una sentenza annunciata'"
"Se dovessi definire questa sentenza, mi verrebbe da fare una semi citazione letteraria 'Cronaca di una sentenza annunciata'. Perché era stato annunciato e preannunciato che lo Stato italiano intendesse autoassolversi. C'era già stata una anticipazione nella sentenza di appello del processo trattativa di Palermo, nella quale si era riconosciuto che la trattativa c'era stata e che c'era stata la minaccia nei confronti dello Stato, ma che ne rispondevano solo i mafiosi e non gli uomini dello Stato che si erano fatti veicolo. Perché il fatto, secondo i giudici di secondo grado, non costituisce reato. Ora, in Cassazione, c'è stato un ulteriore salto in avanti nella autoassoluzione dello Stato italiano. E cioè ora gli uomini dello Stato vengono assolti per non avere commesso il fatto". A parlare con l'Adnkronos è l'ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che ha lasciato la magistratura e oggi è avvocato penalista. Fu lui a rappresentare l'accusa nel processo di primo grado, almeno fino a quando lasciò la Procura per trasferirsi in Sud America, in Guatemala, dove faceva parte della Commissione per l'impunità.
"Quindi - spiega dopo avere appreso la notizia della assoluzione per generali e politici - il fatto c'è. C'è stata anche la minaccia che costituisce la premessa della trattativa, una minaccia che però ora i giudici di Cassazione dicono che non è una minaccia compiuta, ma una minaccia tentata. Così rimane senza conseguenze penali per nessuno. Anche i mafiosi per i quali il reato viene dichiarato prescritto. A me pare una sentenza contraddittoria, perché bene o male la sentenza di appello aveva una sua logica, seppure discutibile".
Per Ingroia "c'è stata una minaccia, c'è stata la trattativa e di questo rispondono i mafiosi, perché gli uomini dello Stato lo avevano fatto "a fin di bene", una impostazione da noi non condivisa ma con una logica". "Leggeremo le motivazioni per capire la logica dei giudici della Suprema Corte - aggiunge l'ex magistrato all'Adnkronos - ma se il fatto c'è, tanto è vero che Mori e De Donno vengono assolti per non avere commesso il fatto, questo fatto attraverso quali canali è andato?".
"Quali sono i canali attraverso cui il fatto è stato commesso? Questo non è ben chiaro. leggeremo le motivazioni della sentenza - dice ancora Antonio Ingroia - E' possibile che si voglia mettere in discussione il 'papello'. Quindi le dichiarazioni dei collaboratori sul 'papello'. Non è ben chiaro. Certo è che l'esito di questa vicenda processuale, non è incoraggiante per i cittadini. Questa sentenza ha acclarato che si è tentato di sottoporre sotto minaccia lo Stato, che c' stata una trattativa ma alla fine nessuno ne risponde, né gli uomini dello Stato neppure la mafia. Insomma, non è un bel segnale che lo Stato lancia ai cittadini".