Per Enrico Vanzina c'è un "uso smodato e autoreferenziale" dei social, ma anche tanta positività, mentre Iva Zanicchi definisce "volgare" il vantarsi delle cose che si possiedono. Massimo Boldi invece punta il dito contro la dipendenza da smartphone e immagini
Tutti d'accordo con Christian De Sica che a Ferragosto con uno sfogo su Instagram ha stigmatizzato l'uso che gli influencer fanno dei social, dove mostrano foto di cene, discoteche e tuffi da motoscafi di lusso. E li ha definiti "cafoni". "Sono d'accordo con Christian se lui si riferisce alla fiera della vanità su tette, lati B, muscoli fotopostati per far rosicare gli amici. Su questo ha perfettamente ragione", dice all'Adnkronos Enrico Vanzina, regista, produttore e sceneggiatore, che ha fatto diversi film con De Sica.
"Ma è anche vero - prosegue Vanzina - che non c'è solo questo sui social. Io sono entrato su Instagram da 7 mesi e ho visto che se una persona mette dei contenuti per approfondire e parlare di tante cose, di umorismo, di cinema, di letteratura, di sentimenti, di musica, allora trova una stragrande maggioranza di persone meravigliose che comunicano affetto, persone di una gentilezza incredibile, che vogliono approfondire, persone che conoscono tantissime cose e dalle quali puoi imparare. C'è una doppia faccia della medaglia sui social, come in ogni cosa della vita".
"Sono rimasto sorpreso dal tasso di sentimenti che, invece, molte persone veicolano - osserva il regista e produttore - E siccome Christian De Sica è un'artista molto amato, anche lui riceverà tanti sentimenti di affetto. Se da una parte, quindi, c'è un uso smodato e autoreferenziale, molto superficiale, dall'altra anche sui social c'è qualcosa di molto profondo dal quale viene fuori un'Italia molto migliore rispetto a quello che uno si immagina. Se si mettono sui social contenuti alti, la risposta è straordinaria. Se stimolata bene, l'Italia è migliore", chiosa Vanzina.
Per la cantante Iva Zanicchi, se da un lato "è giusto che esistano gli influencer perché siamo in una epoca in cui i social sono diventati la normalità", dall'altro lato "l’ostentazione la trovo davvero di cattivo gusto''. E aggiunge: ''Noi eravamo poveri e mia madre quando andavo a scuola con le scarpe nuove mia madre mi diceva: 'Non devi vantartene, mi raccomando' - racconta la cantante all'Adnkronos - A me hanno sempre insegnato l’umiltà, non c’è bisogno di vantarsi di ciò che hai. Anche io vado sui social - ammette la Zanicchi - ho il mio profilo Instagram ma non posto tutto quello che faccio. Capisco che la gente sogna di diventare come loro, di salire sugli yacht o di avere le ville al mare, ma questa ostentazione continua non la trovo di classe. I miei genitori mi hanno insegnato di non far pesare agli altri ciò che si ha - sottolinea - perché ci sono persone meno fortunate di te che arrancano e che non arrivano alla fine del mese. Quindi va bene mostrare ma non bisogna esagerare sennò si rischia di diventare volgari''.
"In questi ultimi anni stiamo vivendo una realtà nuova. Si vive attaccati allo smartphone in un rapporto di totale dipendenza. Tutto il resto viene di conseguenza: i selfie ad ogni piè sospinto, le foto postate di tutto ciò che si fa. Su questo Christian ha ragione", dice all'Adnkronos Massimo Boldi, compagno di De Sica nei cinepanettoni dagli incassi milionari. Secondo l'attore però quello che sta a monte di tutto questo è "la dipendenza da una vita 'collegata' a tutto ciò che sta fuori, nello spazio di un cellulare. Basta essere a tavola con un adolescente per capirlo o in spiaggia, ovunque, e provare vera preoccupazione".
Detto questo, secondo Boldi "i social sono un gran pasticcio. Non si capisce chi lo usa per lavoro, chi per gioco, chi per essere uno spaccone. Destreggiarsi non è facile. Ed è un vero e proprio virus che ci ha cambiato la vita, mettendoci nelle condizioni di una dipendenza che va vinta", sottolinea l'attore. E alle critiche mosse a De Sica per avere stigmatizzato quel mondo che ha rappresentato nei suoi cinepanettoni, Boldi replica netto: "Ma non c'entra nulla. I film con i ricchi cafoni erano film che fotografavano un momento della società e rallegravano la gente".