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Esclusivo - Ecco l'estorsione alla Santa Sede coi soldi dei poveri dell'Obolo di San Pietro

300 milioni svaniti, 15 milioni di 'stecca', tutto all’insaputa del Papa. Spunta bond da 30 milioni con Banca Popolare di Bari. Arrestato il broker Gianluigi Torzi

Esclusivo - Ecco l'estorsione alla Santa Sede coi soldi dei poveri dell'Obolo di San Pietro
05 giugno 2020 | 22.29
LETTURA: 3 minuti

(di Mia Grassi e Tommaso Gallavotti)

La stangata al Vaticano: truffe, veleni, raggiri, estorsioni, lotte di potere, loschi affari e faccendieri spregiudicati, tradimenti consumati nei sacri palazzi, funzionari infedeli, rogatorie in Svizzera, indagini a Londra, il progetto di un bond da 30 milioni di euro con la Banca Popolare di Bari, infiniti rivoli di denaro che portano lontano, lontanissimo, dall’obolo di carità per i poverelli a cui i tanti soldi spariti erano destinati. Il più grande scandalo finanziario di sempre a Oltretevere, per come lo hanno ricostruito i magistrati vaticani, e che l’Adnkronos è in grado di rivelare (si parte da 300 milioni ma le cifre dei soldi che ballano in varie operazioni sarebbero molto più alte) si è consumato negli anni all’insaputa di un Papa Francesco impegnato in un’epocale e radicale opera di moralizzazione che non pochi nemici ha incontrato (e tuttora incontra) sulla sua strada.

Quello che si dipana in queste ore dopo l'arresto di Torzi è uno scandalo senza precedenti che non risparmia niente e nessuno e che con l’arresto del broker per peculato, truffa, estorsione e auto riciclaggio è destinato a terremotare la Chiesa di Roma. Un sisma giudiziario che si traduce nella gestione “allegra” di centinaia e centinaia di milioni di euro relativa all’acquisto da parte della Segreteria di Stato Vaticana dell’immobile di Sloane Avenue nella capitale britannica (prezzo triplicato rispetto al valore iniziale). Tutto, dunque, ruota attorno all’imprenditore Gianluigi Torzi, intervenuto nell’affare - secondo i magistrati pontifici - per risolvere l’impasse della partecipazione della Santa Sede al fondo Athena e diventato poi, secondo la procura vaticana, l’uomo in grado di tenere in pugno la segreteria di Stato fino a riuscire a estorcerle 15 milioni di euro.

Per gli inquirenti dell’Ufficio del Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi il quadro si fa inquietante a cominciare dagli investimenti fatti dalla Segreteria di Stato nell’Athena Capital Global Opportunities Fund del noto finanziere Raffaele Mincione, dopo un analogo tentativo di business naufragato in Angola: un’operazione, quella con Athena, nata quando a capo della sezione Affari generali della Segreteria c’era monsignor Angelo Becciu, e considerata anomala dalla magistratura vaticana già solo per il fatto che si fosse deciso di finanziare in parte il fondo con i denari dell’Obolo di San Pietro, destinando dunque somme possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività caritatevoli a vere e proprie operazioni speculative.

La necessità di uscire da questa operazione scomoda che era costata milioni di euro al Vaticano porterà poi al ‘caso’ dell’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue con l’intermediazione di Torzi e della sua Gutt Sa, scatenando uno dei più violenti scontri mai registrati Oltretevere e uno scambio al vetriolo tra il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che ha definito “opaco” l’affare di Londra, e l’ex Sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, che ha assicurato di aver sempre agito nell’esclusivo interesse della Santa Sede arrivando a evocare la ‘macchina del fango’.

Con indagini mirate la “procura” pontificia avrebbe accertato ruoli e interessi dei protagonisti oltre al percorso dei “soldi dei poveri” finiti a finanziare acquisizioni - osservano gli inquirenti - di azioni per diversi milioni di dollari, la sottoscrizione di obbligazioni e perfino quella di un bond emesso da una società riconducibile ancora a Mincione per 16 milioni di dollari: tutte mosse che peraltro, lungi dal portare un guadagno alle casse del Vaticano, per gli inquirenti si sono tradotte in una perdita accertata di oltre 18 milioni di euro al settembre del 2018 e che, secondo gli investigatori, potrebbero nascondere una enorme voragine nei conti della Santa Sede.

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