Dalla Sicilia alla Lombardia ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 91 persone. Sequestrati beni per 15 milioni di euro. Allarme del gip di Palermo: crisi in emergenza Covid "può favorire 'soccorso mafioso', pericolo riciclaggio"
Dalle prime luci dell’alba, militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, con il supporto del Comando Provinciale di Palermo e di altri Reparti sul territorio nazionale, stanno dando esecuzione a ordinanze di custodia cautelare e sequestro preventivo, emesse dal Gip presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 91 persone, nonché di un vasto patrimonio immobiliare e mobiliare del valore di circa 15 milioni di euro.
Le operazioni sono in corso in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania. Impegnati 500 uomini delle Fiamme Gialle, con l’appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta.
Nel maxi blitz è stato colpito il vecchio clan mafioso dell'Acquasanta di Palermo, su cui già Giovanni Falcone aveva indagato negli anni Ottanta, in piena guerra di mafia. In particolare sono finiti in manette gli eredi dello storico clan siciliano dei Fontana che anni fa si erano trasferiti in Lombardia dove gestivano il business della vendita del caffè. La famiglia, scrive il gip nella misura cautelare, "ha saputo sviluppare, innanzitutto, una fiorente attività imprenditoriale a Milano, nel settore del commercio di orologi di lusso, attraverso società - gestite direttamente, in Italia, o per interposta persona, all’estero - fondamentale strumento per ripulire e far transitare l’enorme quantitativo di denaro contante frutto dell’esercizio del potere mafioso, ancora una volta con l’ausilio di compiacenti soggetti a disposizione". Ai domiciliari è finito anche un ex concorrente del 'Grande Fratello', ex broker di 39 anni, che secondo i magistrati sarebbe prestanome di una società di commercializzazione del caffè tra Palermo e Milano.
Tra i pm che hanno coordinato la maxi inchiesta, denominata 'Mani in pasta', c'è anche Roberto Tartaglia, il nuovo vice capo del Dap. L'indagine, molto complessa, è coordinata dal Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise, Dario Scaletta e, appunto, dall'ormai ex pm della Dda di Palermo, Roberto Tartaglia, oggi il numero due del Dap.
ALLARME DEL GIP DI PALERMO - "In questi giorni le misure di distanziamento sociale e il lockdown su tutto il territorio nazionale hanno portato alla totale interruzione di moltissime attività produttive, destinate, tra qualche tempo, a scontare una modalità di ripresa del lavoro comunque stentata e faticosa. Nelle prossime settimane, i riflessi di questa situazione, che riguardano naturalmente anche Palermo, in particolare i quartieri con maggiori difficoltà socio-economiche, tra i quali Arenella e Acquasanta, sono suscettibili di creare un contesto assai favorevole per il rilancio dei piani della associazione criminale sul territorio d’origine e non solo" è l'allarme lanciato dal gip del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini, nell'ordinanza di custodia cautelare.
"CRISI PUÒ FAVORIRE 'SOCCORSO MAFIOSO'" - "Da una parte - avverte il gip nella misura - l’attuale condizione di estremo bisogno, persino di cibo quotidiano, di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell’economia sommersa, può favorire forme di 'soccorso mafioso' prodromiche al reclutamento di nuovi adepti". "Dall’altra - aggiunge - il blocco delle attività di tanti esercizi commerciali o di piccole e medie imprese ha cagionato una crisi di liquidità difficilmente reversibile per numerose realtà produttive, in relazione alle quali un 'interessato sostegno' potrebbe manifestarsi nelle azioni tipiche della organizzazione criminale, vale a dire l’usura, il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni, suscettibili di evolversi in forme di estorsione o, comunque, di intera sottrazione delle aziende ai danni del titolare originario".
"PERSONE POVERE FACILI PREDE DEI CLAN" - Le persone più povere, a Palermo, che "non possono neppure permettersi di acquistare il cibo" rischiano di diventare "facili prede" dei clan mafiosi, sottolinea il gip del Tribunale di Palermo che parla "di possibili forme di sostegno mafioso a famiglie e persone in grave stato di necessità, che non possono permettersi di acquistare cibo quotidiano, in vista del reclutamento di una nuova leva di adepti o, comunque, di fiancheggiatori della organizzazione criminale".
"La drastica riduzione della redditività degli esercizi commerciali determinata dal blocco dell’attività renderà assai difficile per i titolari delle attività sul territorio di Palermo il pagamento di canoni di affitto, degli stipendi dei dipendenti, degli oneri fiscali - è l'allarme del gip Morosini - dal momento che il ritorno alla normalità non è prevedibile che avvenga in tempi brevi. Di questa situazione sono pronti ad approfittarne i clan mafiosi, sempre attivi nel 'dare la caccia' ad aziende in stato di necessità". Un pericolo "segnalato in questi giorni anche dalle autorità locali che evidentemente sono in grado di percepire concretamente il disagio e la sofferenza della comunità palermitana", aggiunge Morosini nella misura cautelare.
E "se è vero che le autorità centrali hanno deciso di stanziare ingenti risorse per il salvataggio di imprese ed esercizi commerciali, con un piano che prevede ammortizzatori sociali e forme di soccorso finanziario e fiscale, va, tuttavia, considerato che l’effettività di quel sostegno passerà per procedure amministrative che difficilmente consentiranno nell’immediato di far fronte alla crisi e che, quindi, potrebbero rivelarsi tardive o, comunque, di complessa attuazione per tante piccole realtà commerciali che già operavano in una situazione di non piena regolarità se non proprio di 'circuito sommerso'".
Il gip denuncia che "con la crisi di liquidità di cui soffrono imprenditori e commercianti, i componenti dell’organizzazione mafiosa potrebbero intervenire dando fondo ai loro capitali illecitamente accumulati per praticare l’usura e per poi rilevare beni e aziende con manovre estorsive, in tal modo ulteriormente alterando la libera concorrenza tra operatori economici sul territorio e indebolendo i meccanismi di protezione dei lavoratori-dipendenti".
"In effetti, nel presente procedimento la vena predatoria dei soggetti stabilmente inseriti nella famiglia mafiosa dell’Acquasanta, e di quelli ad essa riconducibili per condotte di fiancheggiamento o complicità, si è manifestata in plurime operazioni estorsive, in forme di illecita concorrenza mediante violenza o minaccia, nonché nelle condotte di riciclaggio e intestazione fittizia di beni", dice il gip Morosini.
"CLAN MAFIOSI PRONTI A INVESTIRE NELLA SANITÀ AL NORD" - Inoltre, "è prevedibile che, nelle prossime settimane, certi 'avamposti criminali' apriranno la caccia alle tante aziende in stato di necessità anche nel Nord dell’Italia, dal momento che non è previsto un ritorno alla normalità in tempi brevi". Il gip parla inoltre "esistenza di collaudati presidi in una realtà del Nord Italia spesso costruiti con dei 'prestanome'", dice ancora il gip.
"In passato - rileva - i settori tradizionalmente colpiti al Centro-Nord dal 'contagio mafioso' sono stati il ciclo dell’edilizia e del cemento, nonché lo smaltimento dei rifiuti e la filiera del turismo. Tuttavia, la crisi determinata dal coronavirus potrebbe portare certi gruppi criminali particolarmente duttili ad esplorare anche comparti meno battuti che possono ora diventare molto redditizi, quali ad esempio la sanità, peraltro già interessata in Lombardia da indagini giudiziarie".
PROCURATORE DI PALERMO: "NUMERO IMPRESSIONANTE DI REATI" - Dall'inchiesta che all'alba di oggi ha portato all'arresto di 91 persone è emerso "un numero impressionante di reati e attività illecite" che "denotano un controllo capillare del territorio da parte dell'associazione mafiosa e degli accoliti" dice il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi nel corso della conferenza stampa, in remoto, sull'operazione. I boss mafiosi del clan dell'Acquasanta di Palermo "imponevano la commercializzazione del caffè" "agli esercenti palermitani" spiega il procuratore. Dall'inchiesta emerge inoltre uno "scarsissimo numero di denunce da parte di chi era sottoposto a estorsioni" un fatto che "colpisce".
Con la crisi economica dovuta all'emergenza coronavirus "aumenterà il flusso di infiltrazioni mafiose nei settori del commercio", aggiunge Lo Voi, spiegando che "il modus operandi della criminalità organizzata costituisce un rischio aggravato in una fase come quella che stiamo vivendo con l'emergenza coronavirus nel momento in cui le attività hanno subito gravi conseguenze per il lockdown".