
Il nome della ragazza friulana era rimasto finora sconosciuto alle biografie, ora è stato pubblicato il carteggio
Spunta un amore giovanile al femminile nella vicenda biografica di Pier Paolo Pasolini (1922-1975) negli anni vissuti a Casarsa della Delizia (Pordenone), nella casa della mamma Susanna Colussi. Non lo aveva saputo mai nessuno fino a oggi: Maria Seccardi, giovane friulana di San Vito al Tagliamento (Pordenone), nata nel 1928, visse l'innamoramento per il futuro scrittore, poeta e regista come un sogno intenso e fugace. Si conobbero nel 1948 e per lei fu amore a prima vista e lo rimase per anni; lui era affezionato a lei ma non poteva essere altro che un suo amico. Pasolini infine le confessò la sua omosessualità in una lettera ma continuarono a vedersi e scriversi fino alla fine degli anni '50.
A gettare nuova luce sulla biografia dell'intellettuale è il libro "Pier Paolo Pasolini. Lettere a Maria Seccardi" (Ronzani Editore, pagine 88, euro 18; a cura di Antonella Giordano e con una prefazione di Franco Zabagli): raccoglie quindici lettere e un telegramma scritti da Pier Paolo tra il 1948 e il 1959 alla ragazza il cui nome era rimasto finora sconosciuto alle biografie pasoliniane e due lettere di lei. Un legame intenso e appassionato, rimasto nascosto per decenni, emerge ora per volontà del Centro Studi Pasolini di Casarsa, che avuto un ruolo attivo e propositivo nella realizzazione di questo progetto, promuovendo la pubblicazione del volume attraverso un percorso fatto di molteplici incontri e approfondimenti.
Lo scambio epistolare ha avuto una vicenda editoriale travagliata. Nel 1986, quando Nico Naldini, cugino di Pasolini, curò il primo volume delle "Lettere" Maria Seccardi rifiutò di renderle pubbliche. Soltanto dopo la sua scomparsa, avvenuta nel marzo 2022, la figlia Valentina ha deciso di rispettare la volontà materna e affidare il materiale al Centro Studi Pasolini, consentendone la pubblicazione. "Un atto di intesa sentimentale tra Maria e Pasolini che oggi si trasforma in un'opera di grande valore documentario", spiega il Centro Pasolini.
Come sottolinea lo studioso delle carte pasoliniane Franco Zabagli nella prefazione, questo carteggio aggiunge un tassello fondamentale alla complessa personalità di Pasolini, raccontando un intreccio di affetti che attraversa gli anni giovanili in Friuli fino alla sua affermazione nel cinema con "Accattone". L'incontro fra Pasolini e Maria avvenne nei giorni di festa e dei balli narrati in "Il sogno di una cosa": insieme passeggiavano, andavano in bicicletta, parlavano per ore, lui le regalava libri, lei era incantata e leggeva tutto.
La loro relazione proseguì anche dopo il clamore suscitato dai cosiddetti fatti di Ramuscello nell'agosto del 1949 alla sagra di Santa Sabina (Pasolini pagò tre minori per dei rapporti di masturbazione). Pasolini fu denunciato per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico, scoppiò lo scandalo e - prima ancora del processo e la condanna - Pasolini abbandonò l'insegnamento, fu espulso dal Pci per "indegnità morale" e nel gennaio 1950 partì con la mamma per Roma. La loro relazione si trasformò in un dialogo scritto, in cui Maria, pur scegliendo una vita apparentemente distante da quel legame, diventando nel frattempo maestra, ne conservò il ricordo come una ferita silenziosa e profonda. Nonostante la distanza e gli eventi che segnarono la sua vita, Pasolini mantenne con Maria una corrispondenza intensa fino alla fine degli anni Cinquanta.
Il rapporto fra Maria e Pier Paolo è puro e tormentato, con lui che si mostra affettuoso e si spende in confidenze intime. Racconta della fuga dal Friuli verso la Capitale, del processo, della "gente che mi circondava, nemica sia a destra che a sinistra"; della vita intensa a Roma ("Un'ora a Roma corrisponde a dodici ore friulane"); dell'assenza di nostalgia per il Friuli, che ormai rappresenta "tutto il finito, il morto della mia esistenza". Pasolini racconta dei suoi progetti letterari, dei libri che sta scrivendo e arriva a dirle che "tu sei stata tanto più poeta di me". Il carteggio ha il suo culmine drammatico nella lettera del 30 ottobre 1957 in cui Pasolini confessa a Maria la sua diversità: "Io non so come tu abbia fatto e faccia a non sentire o in qualche modo capire che a me è fisicamente impossibile avere rapporto con una donna: Nico te l'avrà spiegato più volte, e penso che tu abbia letto Freud. È un trauma infantile invincibile. Come vedi, dopo tanto tergiversare sono anche troppo brutalmente semplice. Il mio eros è tutto invertito verso i ragazzi: poiché il sesso femminile, nel mio inconscio, che è un caos, è semplicemente il sesso di mia madre, che io ho amato e amo pazzamente, in modo tale da determinarne tutta la vita, da dare alla vita un unico senso. E non si può avere rapporto carnale con la propria madre. Per tutta la vita ho sentito il rapporto carnale con la donna come uno sconvolgente sacrilegio, una ripugnante impossibilità". Da allora in poi le lettere cambiano tono, diventano più formali. Fino a un telegramma di una sola riga del 29 settembre 1959 per annullare un appuntamento: "Niente più Venezia. Affettuosi saluti. Pier Paolo".
(di Paolo Martini)