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Scritte contro preside liceo Righi di Roma: "Mi invitano ad andare nelle foibe, troppa ideologia"

Ieri protesta a scuola degli studenti, oggi minacce su un muro dell'istituto

La scritta comparsa sul muro del 'Righi'
La scritta comparsa sul muro del 'Righi'
04 aprile 2025 | 17.02
LETTURA: 3 minuti

"Ieri mattina la protesta a scuola con porte che sbattevano, il rumore ovunque, il personale chiuso negli uffici, spaventato. Nella notte mi scrivono sul muro che devo andare nelle foibe. A me, che sono nata a Gorizia. Io non ho paura, perché poi fondamentalmente questi sono bravi ragazzi. Ma qui è una fatica, questo istituto è troppo ideologizzato e gli alunni fanno politica tra i banchi, col beneplacito dei genitori". Lo sfogo all'Adnkronos è di Giulia Orsini, preside del liceo Righi, dove ieri mattina è andata in scena una protesta con tanto di corteo e striscioni 'contro l'autoritarismo della preside', finita con l'intervento della polizia, e dove stamattina è comparsa sui muri dell'istituto una macabra scritta in vernice nera 'Orsini nelle foibe'.

L'origine di tutto la spiega la stessa dirigente: "Per un problema al software gestionale della scuola, che non dialogava con quello del sito e andava cambiato, ho fatto presente al collegio docenti che si sarebbero dovuti anticipare gli esami: ferma restando l'indisponibilità di settembre, ho indicato due settimane a loro scelta, l'intermedia di luglio o l'ultima di agosto. La discussione è andata avanti per due ore, con il leitmotiv ripetuto per tutto il tempo 'vogliamo fare gli esami a settembre'. Inutile spiegare che l'impedimento non era dovuto a un puntiglio del dirigente, ma ad una necessità per adeguarsi alle norme. Niente. Ho fatto votare: per la prima settimana, quella di luglio, si sono espressi in 7, per quella di agosto in 4 e tutti gli altri si sono astenuti. Da regolamento interno a vincere è stata la maggioranza dei voti espressi. Da lì si è scatenato il finimondo. Un po' come il bambino che chiede di mangiare il biscotto, glielo neghi perché di lì a poco si cena, e lui prosegue con la richiesta a ripetizione, senza ascoltare ragioni. Alla fine ti salta la pazienza". Quindi la 'ritorsione': la protesta prima, la scritta sul muro poi. "Sono arrivata qui il 2 settembre -spiega la preside- e ho da subito detto che sarei stata in una fase di osservazione, che avrebbero potuto continuare a lavorare come sempre hanno fatto. Ho i ragazzi in ufficio quasi tutti i giorni, soprattutto i rappresentanti d'istituto, chiunque viene ha sempre trovato la mia porta aperta. Tutto questo autoritarismo non lo vedo. Per carità, sono una decisionista, una che difficilmente smonti, ma non mi sento autoritaria. Siamo arrivati a questo attacco violento e per una cosa veramente poco importante. Ho fatto semplicemente votare e più di acquisire i dati come un notaio non ho fatto altro. Settembre quest'anno non è disponibile per gli esami, e certo non dipende da me".

"Oggi la situazione è abbastanza tranquilla. Ci vorrebbe, tuttavia, che gli adulti tentassero di mettere l'acqua sul fuoco; invece la sensazione che ho è ben diversa. Ieri sera ho mandato una lettera ai ragazzi e alle famiglie, spiegando ogni cosa e invitando loro a proporre una soluzione, magari dando una imbiancata alle pareti della scuola, come fosse un lavoro socialmente utile. Dal canto loro, i genitori non hanno accettato molto bene la lettera. E questo è autoritarismo? Ieri, quando hanno fatto quella baraonda, ho avuto paura, ma più per il personale barricato nelle stanze. Il problema sono quei tre, quattro che fanno da capi, manipolando i più piccoli. Perché gli studenti di quinta, alla fine, ieri erano a far lezione, avendo a breve la maturità. Qui diventa più un gioco a far confusione, manifestamente in appoggio ai docenti. Ma io sempre lì sto. Ho solo un problema organizzativo che si deve risolvere comunque quest'anno. Per me è il primo anno che sono qui e probabilmente pago l'inesperienza di non conoscere questo ambiente. Un ambiente faticoso, dove si spinge molto sul discorso politico". (di Silvia Mancinelli)

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