Ogni giorno, ciascuna delle nostre scelte e delle nostre abitudini – dall’alimentazione alla qualità del sonno, dall’attività fisica alla serenità mentale – contribuisce a un cammino lungo e affascinante: la longevità. E se, oltre la durata della vita, potessimo anche arricchirne la qualità? Questa domanda è al centro dell’Età senza Età, un’indagine che abbraccia quattro generazioni, esplorando come giovani, adulti e anziani possono unirsi in un percorso di salute e benessere mentre transitiamo da una società della vecchiaia a una della longevità. "È certamente uno sguardo olistico perché le emozioni influenzano quanto e ciò che scegliamo di mangiare, e il cibo che consumiamo, può nutrire sia il corpo che lo spirito, in un circolo virtuoso in cui salute e benessere si alimentano reciprocamente- spiega lo studio - Sulla percezione dell’età e dell’invecchiamento che abbiamo noi italiani, analizzando i risultati nasce spontanea la domanda ironica “vecchio a chi?”: per quello che riguarda il Sud Italia, il 44% si sente infatti più giovane della propria età, soprattutto tra i 55-64 anni e i 65+ anni, segno di un forte desiderio di continuità e vitalità mentale nelle fasce più avanzate. Il 42% dei 55-64 anni si sente mentalmente più giovane, e questa percentuale cresce tra i 65+. Tuttavia, in termini di efficienza fisica, solo il 34% dei 55-64 anni si sente più giovane, a indicare che il declino fisico viene percepito in modo più marcato rispetto a quello mentale. Per il 36% di tutti gli italiani oltre i sessant’anni, la vecchiaia incomincia quando si smette di fare progetti".
Commenta Il Prof. Nic Palmarini, Direttore del National Innovation Centre for Ageing (NICA) del Regno Unito e Co-Founder di Edelman Longevity Lab: “L’impegno, la partecipazione, il contribuire a creare un mondo migliore per sé o gli altri, o – semplicemente – avere un obiettivo in grado di sfidarci e collocarci nel futuro rappresenta un driver cruciale. È quello che gli inglesi chiamano ‘purpose’ e che potremmo provare a tradurre con “senso della vita”. Ne parliamo ogni giorno per tenere la nostra mente attiva, per spronarci ad alzarci dal divano o smettere di scrollare Instagram, ma qui è nero su bianco: è quello che stabilisce il confine tra sentirsi o meno vecchi”.
L'alimentazione è, per fortuna, associata al piacere per tutte le fasce d'età, ma nel Sud, solo il 17% considera il nutrimento un modo per vivere più a lungo. Tra i 18-34 anni, la fascia di età che può ancora permettersi di ‘sgarrare’ e pasteggiare a patatine e junk food senza sensi di colpa, c’è una percezione maggiore di felicità associata al cibo (oltre il 25%).
Commenta il Prof. Giuseppe Fatati, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Nestlé: “Sembrerebbe che ci sia la tendenza ad adottare abitudini più sane, con l’aumento del consumo di frutta, verdura e legumi. La metà dei 55+ ha diminuito il consumo di carne. I 65+ evitano anche i dolci. Inoltre, 2 su 3 tra gli over 65 hanno diminuito la propria alimentazione negli ultimi anni. Questo dato si presta a diverse osservazioni non tutte positive. Se consideriamo positivo per i giovani ridurre l’introito calorico, non siamo certi che lo stesso concetto sia valido per i meno giovani ed è un dato da analizzare con molta attenzione” Pur sentendoci più giovani rispetto alla nostra età anagrafica, siamo tutti preoccupati dell’avanzare degli anni. E mentre oltre il 45% dei più giovani, 18-34 anni, è in ansia per l’aspetto fisico e i cambiamenti estetici, per il 50% dei 35-45enni e il 55% dei 45-54 anni è il mantenimento della forza fisica ad essere la preoccupazione centrale. Mentre è sugli aspetti legati al senso profondo di dignità che le ansie degli italiani si acuiscono: il timore del declino cognitivo e mentale, e della perdita di autonomia sono sentiti da tutti, diventando una vera e propria preoccupazione per un’alta percentuale delle generazioni 55-64enni e 65+.
A dispetto del concetto di ‘ageismo’ che vede le generazioni come status a sé, diverse sono le cose che accomunano tutte le età, soprattutto la preoccupazione per la solitudine e l'isolamento, più marcate addirittura nelle generazioni meridionali più giovani (18-34 anni, 27% e 35-44, 21%), mentre nelle età più avanzate, incide del 19% e addirittura del 17% sugli over 65, quasi a riprova di una ritrovata ‘serendipità’.
Spiega Palmarini: “Non esiste un ‘loro’ e ‘noi’. Quegli anziani che pensi siano chissà cosa o chissà chi, assomigliano a qualcuno che conosciamo benissimo. Le cose che temiamo della vecchiaia, ad esempio, sono praticamente le stesse a qualsiasi età. Le potrei riassumere con la parola “dignità”. Vogliamo che ci venga preservata e riconosciuta la nostra dignità di persone – di essere autonomi, di non diventare un oggetto, di avere la possibilità di essere consapevoli delle nostre scelte grazie a una mente che funziona. Viene anche sfatato, finalmente, il mito secondo cui solitudine o isolamento siano paure degli anziani quando chiaramente è una delle cose che preoccupa di più i ragazzi”.
Lo stile di vita cambia sensibilmente in base alla fascia d’età: se infatti i 18-34 fanno movimento e si dedicano a degli hobby, e stimolano la mente con attività social e app sul cellulare, i 35-54 dedicano molto tempo a lavoro e figli, i 55+ sono invece più legati alla televisione. I 65+, avendo smesso di lavorare, si possono dedicare ad attività secondarie, volontariato, ma anche amici e nipoti e, per svagarsi, privilegiano lettura, parole crociate e programmi televisivi. Spiega Fatati: “La longevità non è solo una questione di genetica; le nostre abitudini quotidiane, dalla dieta allo stile di vita, sono fattori determinanti. Educare le persone su questi aspetti e promuovere uno stile di vita sano è fondamentale per un futuro dove tutti possano invecchiare con qualità”. A fronte di una fotografia così chiara, esiste ancora una domanda che stimola una riflessione e condivisione profonda sul proprio percorso di vita, come un ponte che unisce il passato e il presente. E cioè, “Quale consiglio daresti al ‘te giovane’?”. Tutte le generazioni (si) raccomandano di vivere il più possibile attraverso esperienze significative, come viaggiare e studiare, e di non avere paura di rischiare.
In particolare, i più giovani, come i 18-34, (si) raccomandano inoltre una particolare cura della propria salute mentale. i 55+ (si) consigliano attività fisica regolare e una buona alimentazione. Le generazioni più mature, in particolare i 65+, (si) consigliano di passare più tempo con le persone care.
Nic Palmarini conclude: “Ognuno di noi invecchia diversamente e vede la vecchiaia sempre come la prima asticella rappresentata dalla decade che si trova davanti. Per un ventenne, un vecchio è uno di trent’anni e così via. Il che ci ricorda come sia decisivo e necessario aiutare tutti tutto l’arco della vita per evitare quella stupida sorpresa che ci coglie quando raggiungiamo i sessanta. Come se non l’avessimo sempre saputo che sarebbe successo”.