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Coronavirus, Robert Gallo: "Preoccupa durata immunità del vaccino"

Coronavirus, Robert Gallo:
09 dicembre 2020 | 18.05
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Per quanto riguarda Sars-CoV-2 "mi preoccupa la durata dell'immunità dei candidati vaccino. Quanto dura? Quando facciamo nel nostro istituto un esperimento sulle scimmie con un candidato vaccino per l'Hiv vediamo che fino alla decima settimana sono protette, ma se le stimoliamo con il virus alla 15esima settimana non lo sono più. Quindi con un candidato vaccino per l'Hiv abbiamo un problema reale della risposta immunitaria". Lo afferma in un’intervista esclusiva all’Adnkronos Salute Robert Gallo, fra gli scopritori, negli anni ’80, del virus dell’Aids e del primo test per diagnosticare l’Hiv, oggi direttore dell’Institute of Human Virology presso la University of Maryland (Usa). Gallo è stato ospite in streaming dell'evento 'Unlock_IT', seconda edizione di SudeFuturi, promosso dalla Fondazione Magna Grecia, e ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2020.

"Il virus dell'Hiv e il coronavirus sono differenti - precisa Gallo - Dal momento in cui si è esposti all'infezione da Hiv il sistema immunitario si inizia a danneggiare. Basta un giorno e i retrovirus come l'Hiv agiscono immediatamente, quindi serve una protezione immunitaria costante e non c'è tempo per un richiamo usando un vaccino, la 'difesa' deve essere sempre pronta". A quasi 40 anni dalla scoperta dell'Hiv non si è arrivati al traguardo del vaccino, un obiettivo invece raggiunto in meno di un anno con il coronavirus, "ci sono dei misteri scientifici ancora ignoti sull'Hiv- osserva Gallo - anche per i retrovirus che colpiscono gli animali non si è arrivati ad un vaccino, ma non vuol dire che non sia possibile. Forse non abbiamo ancora la profondità scientifica sufficiente, la mia prima pubblicazione scientifica è sul vaccino ed è datata 1984. Il vaccino per l'Hiv è ancora una spina del fianco".

Sulla possibilità che i pazienti sieropositivi in cura con le terapie antiretrovirali potrebbero essere più protetti dal Covid-19, lo scienziato americano chiarisce "ci sono alcuni studi ma nulla di significativo. Sarei sorpreso in realtà - avverte - perché gli enzimi che sono il target dei farmaci anti-Hiv sono diversi dalle proteine del Sars-CoV-""

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