Informativa al Senato del ministro della Transizione ecologica: "Diversificare le fonti per affrancarsi dalla dipendenza russa"
"Rimane il punto per me fondamentale che non è accettabile questo aumento del prezzo del gas a monte di una intera filiera e che si traduce nel risultato di una grande speculazione da parte di certi hub che non producono ma che fanno transazioni". Così il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nell'informativa in Aula al Senato sui recenti ulteriori rincari del costo dell'energia e sulle misure del governo per contrastarne gli effetti. "A marzo del 2022 ci siamo attestati ad un prezzo medio di 1,5 euro per metro cubo, se dovessi stoccare 10 mld di metri cubi, mi servirebbero 15 mld di euro. Un anno fa il costo era di 30 centesimi al metro cubo. Non ho nessuna intenzione di sollevare problemi senza proporre soluzioni però siccome la quantità di gas è uguale non è giustificato che il prezzo mi vada da 30 centesimi a 1,5 euro. Questa è stata la mia affermazione forse un po' dura: se la materia è la stessa non è possibile che mi costi cinque volte di più", afferma. "Il problema è delle quotazioni di mercato di questi hub che non lavorano sulla materia prodotta ma scambiando contratti, certificati... un problema molto serio", aggiunge.
Cingolani spiega che "la tensione sui mercati ha anche determinato, dopo la forte diminuzione avvenuta nel corso del 2020, un vertiginoso aumento dei costi dell’energia". Per quanto riguarda il "mercato del gas naturale, al Psv (Punto di Scambio Virtuale del gas naturale in Italia) è passato dai circa 20 €/MWh (0,2 €/Smc) di gennaio 2021 fino ai circa 160 €/MWh (1,7 €/Smc)" delle prime settimane di marzo, "con un aumento di quasi 8 volte (e con punte giornaliere che hanno superato i valori record di 200 €/MWh nei mesi scorsi)" che "è difficile da spiegare e digerire".
"Per quanto riguarda i prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso, il Pun (Prezzo Unico Nazionale) ha registrato valori record: nelle ultime settimane si sono raggiunti i valori più elevati da quando la borsa italiana è stata costituita, superando 600 €/MWh. Negli ultimi giorni i valori si sono attestati intorno ai 300 €/MWh. Questo anche come diretta conseguenza dei prezzi del gas naturale, che determinano il costo marginale degli impianti di generazione elettrica a gas". "Non si tratta di un fenomeno italiano, ma di andamenti riscontrabili in altri Paesi europei, con incidenza diversa a seconda dell’energy mix", osserva il ministro.
Cingolani spiega che "negli ultimi due decenni, la produzione nazionale di gas naturale si è ridotta, in parte per il calo naturale dei giacimenti e per il fatto che non si sono fatti nuovi investimenti in ricerca e produzione", questi i numeri: "15 mld di metri cubi nel 2001 contro i 3 di oggi, si è passati dal 20% di una produzione nazionale del fabbisogno all'attuale situazione per cui dipendiamo al 95% del gas naturale" importato dall’estero. In particolare, "le importazioni dalla Russia sono incrementate sia in valore assoluto che in percentuale, dai circa 20 mld di metri cubi del 2011 ai 29 mld di metri cubi del 2021 (38% dei consumi)".
Il flusso di gas dalla Russia, aggiunge, "è il più alto registrato in tempi recenti, la fornitura è costante in tutta Europa anzi si è sollevata una riflessione sul fatto che l’Europa sta continuano ad acquistare il gas e questo porta a pagamenti di circa 1 mld di euro al giorno che in un momento di guerra ha implicazioni che vanno oltre il settore energetico: noi, Europa, stiamo comprando gas pagando circa 1 mld al giorno, una riflessione importante in questo momento".
"Nel lungo termine, a partire dal prossimo inverno, sarebbe necessario sostituire completamente i 29 mld di metri cubi di gas russo, cioè renderci completamente autonomi, differenziando le nostre sorgenti. Un triennio è un periodo minimo per avere un inizio di diversificazione completa ma abbiamo fatto azioni che stanno accelerando il processo".