Il fratello della cittadina vaticana scomparsa nel 1983: "Ratzinger con noi un po' pilatesco"
La morte del Papa emerito Benedetto XVI non cancella il senso di amarezza nella famiglia di Emanuela Orlandi, la figlia del commesso vaticano scomparsa nel nulla il 22 giugno del 1983. "Per chi muore c'è sempre rispetto - premette all'Adnkronos Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela che da allora non ha mai smesso di cercare la verità sulla scomparsa della sorella -. Ma io continuo a pensare che Ratzinger fosse a conoscenza dei fatti visto che all'epoca era pressappoco il braccio destro di Wojtyla. Eppure, non ha mai detto una parola di solidarietà su Emanuela, nonostante i tanti nostri appelli. Non ci ha mai ricevuto, in questa vicenda è stato un po' pilatesco, nel senso che se ne è lavato le mani, io non sono mai riuscito ad avvicinarlo. Chissà che magari non abbia lasciato due righe per la famiglia, che arrivassero all'improvviso. Non si sa mai, magari".
Pietro Orlandi ritorna al giugno 2008, cadevano i venticinque anni dalla scomparsa di Emanuela: "Mia mamma andò dall'allora segretaria di Ratzinger, che abitava davanti a casa sua, per chiederle se Ratzinger poteva rivolgere una preghiera per Emanuela all'Angelus del 25 giugno. Quella domenica, in piazza San Pietro, aspettammo di sentire una parola su Emanuela: nulla. Mamma non si diede per vinta e incontrò di nuovo la segretaria di Ratzinger che le riferì che, alla richiesta, il Santo Padre aveva allargato le braccia dicendo che doveva chiedere. Era chiaro che si trattava di un no. Tempo dopo lessi la lettera nella quale la segreteria di Stato consigliava al Papa di non intervenire perché l'opinione pubblica avrebbe pensato che anche il Santo Padre nutrisse dubbi sulla vicenda o che la pensasse come me. Io chiedevo sempre un gesto di coraggio, non è mai arrivato".