Uno studio, per la prima volta, ha indicato le concentrazioni di microplastiche contenute nella parte edibile di alcuni dei frutti e delle verdure più consumati in Italia. La ricerca, dell’Università di Catania, e' stata condotta dal gruppo del laboratorio di igiene ambientale e degli alimenti con la firma dei ricercatori Gea Oliveri Conti, Margherita Ferrante, Claudia Favara, Ilenia Nicolosi, Antonio Cristaldi, Maria Fiore e Pietro Zuccarello dell'ateneo catanese insieme con Mohamed Banni del Laboratoire de Biochimie et Toxicologie Environnementale di Sousse in Tunisia ed e' stata pubblicata nei giorni scorsi nell'articolo ‘Micro- and nano-plastics in edible fruit and vegetables. The first diet risks assessment for the general population’ sull'importante rivista di settore Environmental Research (Elsevier).
I dati mostrano una contaminazione variabile con dimensioni medie delle microplastiche da 1,51 a 2,52 microns e un range quantitativo medio da 223mila (52.600-307.750) a 97.800 (72.175-130.500) particelle per grammo di vegetale rispettivamente in frutta e verdura. La ricerca dimostra che l'impatto dei rifiuti plastici presenti nei mari e nei corsi d''acqua sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica rappresenta un problema emergente di livello globale e l'Efsa (European Food Safety Autority), di concerto con la Commissione europea, ha gia' richiesto un primo passo verso una futura valutazione dei potenziali rischi per i consumatori derivanti dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, in particolare nei prodotti ittici.
Questa tematica era stata oggetto nel 2019 di una inchiesta svolta dal giornalista Luca Ciliberti dal titolo ‘Che cosa mangiamo’ con la partecipazione del Laboratorio di Igiene ambientale e degli alimenti dell'Università di Catania e anche di una interrogazione sulla presenza di microplastiche e relative contaminazioni nei vegetali presentata a Bruxelles dall'europarlamentare Ignazio Corrao.