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Parigi 2024, Imane Khelif e il sogno d'oro: attacchi e bugie contro la pugile algerina

Esclusa dai Mondiali per un livello alto di testosterone, ora attaccata da chi la definisce un uomo

Imane Khelif a Tokyo 2020
Imane Khelif a Tokyo 2020
31 luglio 2024 | 20.07
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Imane Khelif affronta Angela Carini alle Olimpiadi di Parigi 2024 nel match del primo turno del torneo di boxe femminile della categoria 66 kg. Nell'avvicinamento alla sfida del primo agosto, l'atleta algerina, 25 anni, è finita sotto i riflettori: l'esclusione dagli ultimi Mondiali per un livello elevato di testosterone ha acceso il dibattito. Khelif, secondo il Cio, ha tutti i requisiti per partecipare alla competizione femminile ai Giochi. Non è una trans, come è stata erroneamente definita. Khelif, sulla base delle informazioni disponibili, è una persona intersex.

La definizione - come ricorda l'Istituto superiore di sanità - "include tutte le variazioni innate (ovvero presenti fin dalla nascita) nelle caratteristiche del sesso". Tali variazioni "possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni sessuali, i genitali esterni o le componenti interne dell'apparato riproduttivo". Khelif si è sempre socializzata come donna e tutta la sua carriera agonistica si è sviluppata nelle competizioni femminili.

Il nome di Khelif è finito sotto i riflettori durante i Mondiali del marzo 2023: l'atleta algerina è stata squalificata dalla competizione organizzata dall'International Boxing Association - che non viene riconosciuta dal Cio - perché i test avrebbero evidenziato un livello eccessivo di testosterone e la presenza di cromosomi maschili nel Dna. La squalifica, contestata dall'atleta, secondo l'Iba è scattata dopo una "meticolosa revisione" e ha portato all'esclusione di due concorrenti - anche la taiwanese Lin Yu-ting - che avrebbero avuto "vantaggi competitivi" sulle rivali.

A Parigi, il Cio non è sceso nei dettagli e si è limitato ad evidenziare che tutte le atlete iscritte alle competizioni rispettano i requisiti. Khelifi è alla seconda Olimpiade, dopo quella di Tokyo 2020 in cui non ha centrato il podio nella categoria 60 kg.

Ha scoperto la boxe pochi anni fa, dopo aver visto in tv le Olimpiadi di Rio 2016. Dal villaggio di Tairet, è iniziata la sua rincorsa. Contro la volontà della famiglia, che all'inizio non l'ha appoggiata. Dieci chilometri ogni giorno per arrivare in palestra, ha venduto metallo raccolto nei rifiuti per pagarsi l'autobus e gli allenamenti. Risultato: debutto ai Mondiali del 2018 chiusi al 17esimo posto. La crescita è stata graduale, nel 2021 e nel 2022 è stata premiata come migliore atleta algerina, ora è anche ambasciatrice dell'Unicef. "Ho iniziato con nulla, ora ho tutto - ha detto in un colloquio con l'Unicef-. E ora entrambi i miei genitori mi sostengono, sono i miei più grandi tifosi". Il messaggio che vuole mandare dal ring di Parigi è indirizzato alle ragazze: "Non lasciate che gli ostacoli vi fermino. Io sogno la medaglia d'oro".

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