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Festa di Roma, ministro Giuli all'anteprima del doc su Liliana Segre: "Monopolio antifascismo non esiste"

L'opera di Ruggero Gabbai ripercorre la testimonianza della senatrice a vita, legata all'arresto, alla deportazione e all'ultimo addio al padre

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli (Fotogramma)
Il ministro della Cultura Alessandro Giuli (Fotogramma)
20 ottobre 2024 | 16.59
LETTURA: 2 minuti

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli è intervenuto all'anteprima del documentario su Liliana Segre di Ruggero Gabbai, presentato alla 19ma edizione della Festa del Cinema di Roma. "Il mio essere qui è per celebrare e confermare l'amicizia con una donna straordinaria che già avevo avuto modo di conoscere da presidente del Maxxi, quando una sua foto campeggiava nella mostra dedicata a donne straordinarie" ha detto Giuli. "È la conferma che il monopolio dell'antifascismo non esiste, bisogna celebrarlo tutti ricordando l'importanza di figure perseguitate che ci sono ancora e quelle che non ci sono più". Per il ministro "il cinema serve a cristallizzare e tenere viva la memoria su episodi della Storia da non dimenticare".

Hai assistito, poi, in Sala Petrassi alla proiezione del documentario, diretto da Ruggero Gabbai, che ripercorre la testimonianza della senatrice a vita legata all’arresto, alla deportazione e allo struggente ultimo addio al padre.

Liliana Segre: "Nei vocabolari non ci sono parole per descrivere la Shoah"

"Nessuno di noi ha avuto mai la forza di raccontare la nostra testimonianza fino in fondo. Non ci sono nei vocabolari le parole, né in quell italiano né in quello tedesco, perché un superstite della Shoah trovi il modo di raccontarla” ha detto Liliana Segre. “Mi sono difesa perché ero una giovane donna selvaggia, colpita, non capita dal resto del mondo - racconta la Segre -. Per non diventare pazza per tanto tempo non ho letto, non ho parlato, non volevo parlare di questo argomento. È passato parecchio tempo prima che io abbia affrontato la cosa”.

Guardando uno dei primi film sull’argomento "ho provato stupore e un po’ di disgusto perché venivano accentuate storie d’amore che nulla avevano a che fare con le donne prigioniere - dice la senatrice a vita -. Non mi hanno colpito, mi hanno colpito dopo i documentari quando ho avuto la forza di vederli”.

La Segre, che rivela di essere animata da un certo pessimismo, spiega: “Io ho sempre seguito, perché mi ha molto interessato, la storia degli armeni. Sono stati in gran parte deportati e uccisi non dando nulla loro da mangiare nella lunga marcia nel 1915. Ho pensato che nel 2015 poco o niente si è ricordato degli armeni. Non erano proprio quattro gatti. Se questo è successo agli armeni, questo succederà anche per la Shoah. Col tempo che passa si tende a dimenticare tutto, non solo la Shoah”.

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