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Lirica: Michieletto, in 'Samson e Dalila' la violenza di un popolo su un altro

Una scena del 'Samson e Dalila' nell'allestimento di Damiano Michieletto (Foto di Vincent Pontet - OnP)  - Vincent Pontet - OnP
Una scena del 'Samson e Dalila' nell'allestimento di Damiano Michieletto (Foto di Vincent Pontet - OnP) - Vincent Pontet - OnP
03 ottobre 2016 | 16.07
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Dopo il successo del suo allestimento del Barbiere di Siviglia, messo in scena all'Opéra Bastille nel settembre 2014 e ripreso nel febbraio 2016, il regista veneto Damiano Michieletto torna all' Opéra National de Paris con una nuova produzione dell'opera 'Samson et Dalila' di Camille Saint-Saëns, co-prodotta con il Metropolitan di New York. Lo spettacolo, in scena da domani all'Opéra Bastille, è diretto da Philippe Jordan.

"Nel mettere in scena l'opera ho cercato di non apporre etichette -dice Michieletto- evitando la distinzione tra ebrei e filistei. Mi sono invece concentrato sul concetto di schiavitù. Mi interessava raccontare la sofferenza, perché nella sofferenza siamo tutti uguali. Ciò che si vede è quindi un conflitto tra chi è trattato come schiavo, come oggetto, e chi esercita violenza. Nel baccanale del terzo atto poi, la vittoria di un popolo sull'altro è celebrata in modo feroce: i dominatori indossano abiti storici, come in un baccanale romano, ed esercitano tutta la loro volontà di sopraffazione sugli oppressi. Mi sono anche concentrato sul personaggio di Dalila -prosegue il regista- che non è solo portatrice di vendetta, non è semplicemente un doppio del Gran Sacerdote. Tant'è che lo rifiuta, insieme al suo denaro. È una donna brutalizzata dalla società in cui vive, dedita al possesso e alla dominazione, e che compie un percorso: arriva a una presa di coscienza e si sente responsabile della distruzione anche fisica di Samson, l'uomo che ha abbandonato tutto per lei, arrivando ad immolarsi con lui".

"Tutti credevano che dovessi essere pazzo per tentare un soggetto biblico. Diedi un'audizione del secondo atto a casa mia, ma nessuno lo capì del tutto. Senza l'aiuto di Liszt, che non ne conosceva neppure una nota, ma che mi incaricò di finirlo e di allestirlo a Weimar, Samson non avrebbe mai visto la luce". Così scrive Camille Saint-Saëns nelle sue 'Memorie Musicali' a proposito del suo capolavoro, che andò in scena per la prima volta proprio a Weimar il 2 dicembre 1877, al Grossherzogliches Theatre. Nonostante la popolarità odierna, nei primi tempi 'Samson et Dalila' non incontrò il favore del pubblico: arrivò in Francia solo il 3 marzo del 1890, al Théâtre des Artes di Rouen, per approdare nella capitale il 31 ottobre dello stesso anno, al Théâtre Lirique de l'Eden. Da lì in poi tutto cambiò: l'essere considerata un'opera 'difficile' si trasformò in un vantaggio, e prima del 1900, 'Samson et Dalila' vide ben 228 rappresentazioni all'Opéra di Parigi, dove ora torna dopo un quarto di secolo di assenza nella nuova produzione firmata da Michieletto.

Le scene dello spettacolo sono di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti e le luci di Alessandro Carletti. Protagonisti sul palco sono Anita Rachvelishvili e Aleksandrs Antonenko, nei ruoli di Dalila e Samson, insieme a Egils Silins (Le Grand Prêtre de Dagon), Nicola Testé (Abimélech), Nicolas Cavallier (Un vieillard hébreu) e John Bernard (Un messager philistin). 'Samson et Dalila', prima nuova produzione della stagione 2016-2017 all'Opéra Bastille, sarà in scena fino al 5 novembre.

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