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Scuola, il pediatra: "A mensa cibi colorati e graditi a bimbi"

I suggerimenti di Farnetani: "Somministrare questionari a inizio anno per individuare i piatti preferiti, così si evitano gli sprechi. Preferire alimenti che le famiglie stanno tagliando in questo momento di crisi economica"

Scuola, il pediatra:
16 settembre 2023 | 16.47
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Nei menu delle mense scolastiche non devono mai mancare cibi noti e graditi ai bimbi, nei colori che piacciono di più, come il rosso del pomodoro e il verde del pesto. Sì alla pizza una volta alla settimana e concesso anche il fritto, rigorosamente in olio d'oliva. Ma soprattutto vanno preparati piatti che in famiglia sono meno presenti in questo momento di crisi economica. Queste le indicazioni per la ristorazione scolastica suggerite dal pediatra Italo Farnetani, professore ordinario all'Università Ludes-United Campus of Malta.

“La prima linea guida da seguire - spiega all'Adnkronos Salute - è scegliere cibi graditi ai bambini, quelli usati dalle famiglie, per favorire una maggiore continuità con la routine familiare. Sarebbe bene che all'inizio dell'anno scolastico gli insegnanti proponessero un questionario ai bambini, da compilare insieme ai genitori - suggerisce - per individuare quali sono i cibi che piacciono di più e che vengono consumati in famiglia. Sulla base di questi dati si può andare sul sicuro”. Per il pediatra, “questo avrebbe due vantaggi importantissimi perché si crea l'ormai consolidata indicazione, da parte sia dei pediatri sia degli psicologi e soprattutto dei pedagogisti, che ci sia continuità tra scuola e famiglia”. Non solo. "Così si evitano anche gli sprechi", aggiunge.

Secondo punto “fondamentale” è organizzare i menu “in modo che si possa avere una certa rotazione e integrazione con le scelte alimentari fatte in famiglia. La regola è non mangiare la carne tutti i giorni, ma tre volte a settimana, il pesce tre volte, formaggio, uova e salumi due o tre volte a settimana”. Il pediatra consiglia “una volta alla settimana la pizza, che ai bambini piace enormemente: è un piatto aggregante e nutrizionalmente è perfetta”. Il suggerimento è poi “di privilegiare i formaggi anche a pranzo, perché sono quelli che vengono assunti poco. Altrettanto il pesce, perché purtroppo in Italia se ne mangia molto poco, soprattutto fra i bambini. Se nelle mense a scuola si introducessero i formaggi e il pesce sarebbe già una compensazione e integrazione della dieta familiare”.

Per rilevare le preferenze alimentari dei bimbi, da circa 20 anni Farnetani conduce un'indagine fra pediatri di tutte le regioni italiane, insegnanti, genitori, alunni stessi, chef degli alberghi, altri operatori delle mense scolastiche. Va sfatato, spiega, “il mito che i fritti non vanno dati ai bambini. Le pietanze impanate e fritte sono quelle che a loro piacciono di più e se si utilizza l'olio di oliva non c'è nessun danno o pericolo”.

Vanno preferiti “il riso e la pasta corta perché i bimbi hanno un cavo orale piccolo, con una dentizione da latte, che non ha una gran capacità masticatoria fino alla prima media. L'arcata dentale si completa con i canini, infatti, fra gli 11 e i 13 anni. Ai più piccoli, perciò, vanno preparati riso o pasta corta verdi o rosse, cioè conditi con il pesto, il più gradito, o con il pomodoro, che piace quasi quanto il pesto. Sarebbero da preferire a un primo piatto condito con olio o burro, perché a loro piacciono di più”.

Fra i cibi più amati “le polpette, che vengono masticate bene e possono essere di carne o di pesce, purché si usino materie prime tenere e assolutamente senza lische. Il contorno più gradito senz'altro le patate fritte: vanno bene anche surgelate, ma devono essere cotte in olio di oliva. In alternativa si possono proporre i pomodori: il rosso a tavola attrae tantissimo i bambini”. Fra gli altri alimenti, “il formaggio più gradito è il parmigiano, piace a quasi tutti dal Trentino alla Sicilia. Di sicuro non resterà nel piatto, dunque, e poi è molto ricco di calcio, che i bimbi assumono poco. Se le mense vogliono risparmiare va benissimo anche il grana padano, ma uno dei due va dato - chiosa - perché con il problema della riduzione del consumo alimentare da parte delle famiglie si rischia proprio che taglino su questi prodotti”.

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