Antonella Castagna, professore associato di Malattie Infettive all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, terza protagonista della nuova edizione del progetto 'A\Way Together'
Non solo Covid. "Abbiamo una pandemia, quella da Hiv, che è in corso da 40 anni e che ancora oggi conta un numero di infezioni che non è accettabile". Richiama l'attenzione sul dramma Aids Antonella Castagna, professore associato di Malattie Infettive all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, terza protagonista della nuova edizione del progetto 'A\Way Together'. L'iniziativa è promossa da Janssen, azienda farmaceutica del gruppo Usa Johnson & Johnson, e coinvolge 5 'big' dell'infettivologia italiana con l'obiettivo di fare chiarezza sull'importanza che i vaccini hanno rivestito nella storia dell'uomo. Ma anche sui nuovi scenari che potrebbero aprire nella lotta a infezioni, come quella da Hiv, per le quali il traguardo vaccino non è ancora stato raggiunto.
Nel mondo convivono con il virus dell'Aids circa 38 milioni di persone, e sono 35 milioni le vittime registrate finora. "Ogni settimana si infettano oltre 5mila donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni - sottolinea Castagna - L'obiettivo prioritario è" dunque quello di "ridurre le nuove infezioni. Anche in Europa, soprattutto nell'Est, abbiamo dei segnali non incoraggianti rispetto alla loro incidenza". E se in Italia "la situazione è più serena grazie agli sforzi che ha fatto il nostro sistema sanitario", resta "ancora molto da fare - ammonisce la specialista - perché le nuove infezioni si verificano in particolare fra i giovani tra i 15 e i 29 anni: è questa la fascia di età su cui dobbiamo intervenire in misura maggiore".
Lungo la Penisola "nel 2019 abbiamo contato circa 2.500 nuove infezioni, in riduzione rispetto agli anni precedenti. Questo è un grande segnale di quanto sia importante fare prevenzione", osserva Castagna che evidenza la portata della sfida affrontata nell'ultimo anno: "Abbiamo dovuto gestire la pandemia da Hiv nella pandemia da Covid. Speriamo quindi che il numero ridotto di nuove infezioni che abbiamo riscontrato non sia dovuto solo a un ritardo nella segnalazione".
Pur in emergenza coronavirus, in Italia "tutti gli ospedali hanno fatto del loro meglio - assicura l'infettivologa - da una parte per assicurare i farmaci ai pazienti, perché rimanere senza farmaci vuol dire dare la possibilità al virus di riemergere con le relative complicanze, e dall'altra per assicurare un controllo regolare degli esami. E' molto importante che ci riappropriamo di una gestione dell'infezione da Hiv secondo standard di cura elevati e omogenei in tutto il Paese. Questa è la sfida: riprendere a gestire la pandemia da Hiv con l'obiettivo finale di ridurla a zero".
Ma perché un vaccino anti-Covid in meno di un anno, e non ancora un vaccino anti-Hiv? "Ci sono delle differenze legate alle caratteristiche dei due virus - spiega Castagna - Sars-CoV-2 è un virus più semplice per il quale la ricerca è riuscita a individuare subito il target vaccinale. Per l'Hiv, invece, per la complessità del virus, questo percorso è molto più lungo".
Non è tutto, però, perché un altro punto da considerare è che la crisi Covid-19 ha cambiato la modalità di sviluppo dei vaccini: "Oggi applichiamo anche la metodologia adattativa - precisa l'esperta - cioè quella di programmare studi che, una volta identificato il candidato vaccinale e superati i primi step di efficacia e immunogenicità nei modelli animali, partono con le fasi della sperimentazione clinica su ampie fasce di popolazione, affiancata dalla produzione del vaccino e da misure regolatorie rapide. Per cui, quando arriviamo a identificare un vaccino sicuro e immunogeno, vediamo che le autorità regolatorie emanano l'approvazione quasi in tempo reale e abbiamo il vaccino disponibile in grandi dosi sin da subito. Una metodologia che impiegava 10-15 anni, nel caso di Covid-19 si è ridotta a meno di uno. Questo - conclude Castagna - passerà alla storia della medicina".