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Governo, silenzio di Draghi agita i partiti

Tormentone quote rosa, potrebbe cambiare i piani delle forze di maggioranza

(Fotogramma)
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11 febbraio 2021 | 19.22
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La convinzione, ormai quasi una certezza, è che fino all'ultimo resteranno al buio. Il silenzio del premier incaricato Mario Draghi agita i partiti, ancor più fa tremare i ministri uscenti, soprattutto quelli che confidano di avere ancora qualche chance. "Per ora a noi non risultano telefonate", assicura un big dei 5 Stelle. Più o meno stesse parole spese dagli esponenti degli altri partiti che si apprestano a prendere parte a una variegata maggioranza. Intanto è arrivato il voto di Rousseau, con il 59,3% dei votanti che ha dato il via libera all'ascesa dell'ex numero uno della Bce verso Palazzo Chigi.

Mezz'ora fa Draghi è arrivato alla Camera, dove ha appreso il risultato del voto della base grillina. La domanda che rimbalza nei palazzi romani è: "Ora Mario che fa?". Tempi duri per chi vive di politica, anche se l'economista Draghi dimostra di saper maneggiare la materia con estrema destrezza: "La carta di ieri, con l'ok al ministero della transizione ecologica chiesta da Grillo e giocata via associazioni ambientaliste è un colpo da vero maestro", ragiona un ministro uscente. Il premier incaricato, per ora, continua sulla linea del silenzio, anche sul 'timing' della salita al Colle e dell'insediamento vige il massimo riserbo.

Una linea che potrebbe anche cambiare da qui a brevissimo, visto che il risultato del voto della base grillina ha definito più o meno in maniera chiara il perimetro della nuova maggioranza. Per ora però la tensione è palpabile, mentre il totoministri impazza e le telefonate rimbalzano tra i big di partito: "Niente?", "Niente.", la domanda che tutti ripetono. E con un altro tormentone che sta agitando i partiti: le cosiddette quote rosa.

Una delle convinzione che rimbalza, complice l'ansia crescente, è che Draghi voglia una squadra equilibrata anche dal punto di vista della presenza femminile, "un 50-50", sostengono diverse voci. E che questo indirizzo possa incidere anche nella scelta sugli 'innesti' politici che andranno a far parte del gabinetto del nuovo premier. Una possibilità che manderebbe all'aria i 'piani' delle forze in campo, a partire dai dem che contano soprattutto su tre esponenti: Lorenzo Guerini, Dario Franceschini, Andrea Orlando.

Ma anche i 5 Stelle che hanno sulla rampa di lancio Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, mentre sulla presenza di Giuseppe Conte in squadra continua a registrarsi grande incertezza, nonostante il premier uscente, nell'assemblea congiunta dei 5 Stelle, abbia fatto sostanzialmente un passo di lato: potrebbe essere lui il nome giusto per il ministero di Transizione ecologica voluto fortissimamente da Beppe Grillo. In tal caso, per 5 Stelle la favorita potrebbe essere Fabiana Dadone, ex ministra alla P.A. che può contare su un buon seguito nella base parlamentare ma anche nella fiducia dei vertici grillini. Mentre per il Pd il nome giusto potrebbe essere quello di Debora Serracchiani o l'ex ministra Roberta Pinotti.

Apparentemente meno problematica, la questione quote rosa, per gli altri partiti coinvolti. In Fi, infatti, occhi puntati -oltre che su Antonio Tajani- sulle due capigruppo Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, mentre la Lega vanta la carta Giulia Bongiorno da giocare e Iv non fa mistero di volere Teresa Bellanova in squadra. Per i partiti minori l'ex ministra Emma Bonino potrebbe essere la scelta ideale.

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