Il leader 5 Stelle: "Ci aspettavamo che in Cdm non arrivassero cose scritte altrove"
"Ci aspettavamo che in Consiglio dei ministri non arrivassero cose scritte altrove. Chiedevamo un confronto reale, vero, leale", ha detto il leader M5S Giuseppe Conte, a quanto apprende l'Adnkronos, nel corso dell'assemblea dei deputati grillini a Montecitorio.
"Ieri eravamo orientati a dare almeno un appoggio esterno e ci aspettavamo di ricevere considerazione, dialettica politica e rispetto per il Parlamento", avrebbe affermato ancora Conte, accolto da applausi al suo arrivo nella Nuova Aula dei gruppi di Montecitorio, ripercorrendo le fasi della convulsa giornata di ieri al Senato.
"Come Movimento abbiamo condiviso una linea. Ci siamo affidati al nostro documento politico. Abbiamo sostenuto il governo con responsabilità nell'emergenza ma ci aspettavamo un'agenda di governo, almeno a grandi linee", ha sottolineato il leader pentastellato.
"Noi ci siamo comportati lealmente e abbiamo mantenuto un confronto sui contenuti. Abbiamo chiesto delle garanzie ma l'atmosfera stava peggiorando", ha detto ancora l'ex premier. "Nella replica del premier Draghi non si è parlato di salario minimo o di agenda sociale, ma sono arrivati attacchi diretti a superbonus e reddito di cittadinanza. Nessun accenno a garantire il rispetto delle forze politiche di fronte a chi proponeva di far fuori il Movimento 5 Stelle. Questo non lo potevamo accettare", ha aggiunto affermando che "anche se eravamo propensi a dare l'appoggio esterno, ieri nemmeno questo è stato possibile. Ci prendiamo la responsabilità delle nostre azioni". "Ieri ci sono stati toni di disprezzo verso di noi", ha attaccato l'ex premier, "ci è sembrato più coerente togliere il disturbo piuttosto che votare contro". "Non solo Forza Italia e Lega ci volevano fuori, ma anche Italia Viva e Ipf", ha affermato.
"Siamo arrivati alla giornata di ieri con la strategia che abbiamo deciso insieme. Chiedevamo un'agenda di governo", ha rimarcato Conte. "Abbiamo preso atto che non ci volevano, togliamo il disturbo". La nostra "è stata una decisione pressoché obbligata", ha osservato.
"Negli ultimi tempi non c'era occasione di un confronto, nemmeno dei testi normativi che venivano portati in Consiglio dei ministri. Abbiamo denunciato il rischio che le forze politiche non fossero messe a parte scaricando poi la conflittualità sul Parlamento", ha sottolineato.