Per Valentina Ventrelli di Future Concept Lab, Expo ha dato un fortissimo impulso al clima positivo della città. Una Milano che ha accolto il mondo e ha rilanciato alla grande.
Una settimana della moda "spettacolare" quella che si è appena conclusa a Milano per molteplici ragioni. Innanzitutto il clima di ritrovata fiducia nella ripresa dell'economia si è fatto 'sentire' e 'vedere' anche da un punto di vista estetico. In seconda battuta, ma non in ordine di priorità, il fatto che, morto e defunto ormai il concetto di tendenza, gli stilisti sono stati capaci più che mai di mostrare la propria sensibilità e identità, anche attorno a uno stesso tema. Nello specifico il viaggio è stato quello dominante. Infine Expo, che ha dato un fortissimo impulso al clima positivo della città. Una Milano che ha accolto il mondo e ha rilanciato alla grande. Valentina Ventrelli, ricercatrice ed esperta di moda, dal 1995 responsabile del settore del Future Concept Lab, 'legge' e analizza le sfilate di Milano.
"Il clima di ritrovata di fiducia è evidente - spiega - anche dal punto di vista visivo, estetico: c'è moltissimo colore, stampe originali e tanta sperimentazione. Questa è sicuramente non una tendenza - le tendenze non esistono più - ma un nuovo sentimento che emerge, che sicuramente è di fiducia. Non emerge dal nulla: sono alcune stagioni che il tema floreale di un certo tipo, il ricamo, le lavorazioni sono presenti, ma è come se fossero sbocciate definitivamente in questa settimana". Una fashion week che, per altro, non manca di far notare l'esperta, "è stata ripresa anche dalla stampa internazionale come la settimana della moda più divertente rispetto alle altre, dove si sono viste anche le cose più nuove e originali. Insomma di respiro internazionale".
Non bisogna dimenticare del resto che le collezioni della prossima primavera estate sono state presentate in concomitanza con il momento conclusivo (e più scoppiettante) di Expo. "Expo è un tema" evidenzia Ventrelli, facendo notare che "è come se se Milano avesse accolto il mondo e avesse rilanciato. Questo si è visto anche nelle citazioni: possiamo dire che il tema trasversale è stato il viaggio, che ogni brand, ogni stilista, ha interpretato in maniera molto personale". Insomma il sistema moda ha mostrato tutta la propria maturità. Chiarito che "non esistono più le tendenze, esiste un modo di lavorare su se stessi in maniera matura".
Qualche esempio? "L'evento di Dolce&Gabbana: innanzitutto è riuscito a scrollarsi di dosso la Sicilia, mantenendo vivo però l'approccio sentimentale, dello stereotipo gioioso. L'Italia vista dal mondo con riferimenti come' l'Italia vista dalla Spagna', 'dalla Cina', 'cartoline dal mondo'". "Il ruolo che la moda ha avuto per 30 anni, cioè quello di dettare le tendenze, non esiste più. I consumatori sono in grado di esprimere liberamente la propria identità. Quello che un'azienda fa, piuttosto, è lavorare sulle identità proprie e sperare che il consumatore, in qualche punto della sua vita, incontri queste identità. Si tratta dunque di uno scambio più equilibrato e interessante. In questo scambio, la tendenza vera e propria non ha più spazio".
Basta guardare la sfilata di Gucci. "Il 'revival' fortunatamente è diventato molto orizzontale e in questo senso anche la sfilata di Gucci è stata un esempio meraviglioso. Una scelta non retrò, ma di grande modernità, con un punto di vista, che è quello di Michele Alessandro, che non a caso prende come riferimento Roma, città stratificata in cui la memoria non è verticale, ma orizzontale. Indicativo di un approccio al passato che è assolutamente differente che non è il revival, ma una ricchezza, una complessità gestita attraverso il sentimento e la sensibilità del creativo. Non è banale sostenere che Michele sia sicuramente il fenomeno delle ultime stagioni".
Quanto a Prada "fa da caposcuola a Milano, più che Armani. Tutta la giovane creatività italiana fa riferimento a Prada e non più a Re Giorgio. Che sicuramente resta eccezionale e unico, emblema di una Milano che oggi sta guardando altrove e si è aperta più all'internazionale". Nota un po' stonata della sfilata Prada è "che era comunque troppo stylish, molto carica. Comunque interessante perché molto commerciale, come del resto anche Dolce&Gabbana". Come a dire che "quando gli italiani fanno spettacolo nella moda, e questa settimana lo ha dimostrato, poi sono in grado di fare il prodotto".
Un'altra sfilata meritevole di lode, secondo l'esperta quella di Versace, così come anche Trussardi, che pure non detta legge, non ha mai dettato le tendenze, ma "la direzione di Gaia ha messo un punto sull'identità della marca. Era tanto che non si sentiva parlare di Trussardi ma ora hanno fatto un bel lavoro sull'identità". E poi c'è Antonio Marras con le sue cartoline dall'Armenia, "che racconta secondo quella che è la sua sensibilità, la medesima con la quale ci ha spesso raccontato della Sua Sardegna". Insomma il viaggio, che non è una tendenza, ma un tema, rispetto al quale ogni stilista ha mostrato la sua sensibilità, facendo un lavoro personale e intimo.
Per quanto riguarda i giovani, "è un po' che ci sono emergenti ormai emersi come Msgm di Giorgetti, come Marco di Vincenzo, bravi. Ma forse la prima sfilata in movimento di Arthur Arbesser - secondo Ventrelli - è quella più interessante. Si assiste a un bel coinvolgimento dell'adolescenza: non significa che sia rivolta agli adolescenti, ma i modelli femminili che è come se fossero in divenire, nella fase di costruzione di questa identità. Di conseguenza, molta freschezza, molta costruzione. Divertente Au Jour Le Jour che ha proposto con Dash qualcosa di abbastanza nuovo. Da una parte ricorda Moschino con le sue citazioni (ad esempio di McDonald's), ma in questo caso è molto pop anche dal punto di vista della relazione con il marchio: mette insieme mondi che non solo per anni sono stati lontani, la grande multinazionale che si avvicina a questo mondo con questo taglio artistico pop è divertente".