La notizia di Aki-Adnkronos International. Sull’argomento è secco il “no comment’’ di fonti di intelligence, ma fonti internazionali qualificate, contattate in esclusiva dall’Adnkronos, confermano l’avvenuto incontro, circa un mese fa, nella zona in cui il religioso viene trattenuto. La stampa libanese conferma. La sorella: “Non abbiamo nulla di concreto. Si tratta di rumors”. La Farnesina: noi non abbiamo notizie di incontri. Dal sequestro agli allarmi esecuzione
Padre Paolo Dall’Oglio “è ancora vivo”. E’ quanto apprende Aki-Adnkronos International da fonti mediorientali. Una delegazione italiana si sarebbe recata, circa un mese fa, nella zona in cui il religioso viene trattenuto e lo avrebbe incontrato. Sull’argomento è secco il “no comment’’ di fonti di intelligence, ma fonti internazionali qualificate, contattate in esclusiva dall’Adnkronos, confermano l’avvenuto incontro tra una delegazione italiana e Padre Dall’Oglio. ’’La cautela è d’obbligo, i contatti sono in corso’’, viene rilevato. In questa delicatissima “partita a scacchi’’ per la vita del religioso italiano, “si cerca di evitare ogni mossa che possa costituire una turbativa intesa come un potenziale pericolo’’ dalle frange qaidiste che tengono in ostaggio Padre Dall’Oglio. L’obiettivo è “mantenere aperto uno spiraglio con lo scopo di arrivare alla sua liberazione”.
“Purtroppo non abbiamo nulla di concreto. Per quel che ci riguarda si tratta di rumors”, commenta Francesca Dall’Oglio, sorella del gesuita rapito il 27 luglio dello scorso anno in Siria. “Negli ultimi quindici giorni si sono rincorse voci di questo tenore - afferma Francesca Dall’Oglio - ma per quel che ci riguarda non abbiamo in mano nulla di concreto”.
Le fa eco padre Flavio Bottaro, coordinatore ufficio comunicazione dei Gesuiti italiani: ”Di fatto non abbiamo nessuna notizia su padre Dall’Oglio. Continuiamo sempre a sperare”.
Di fatto invece arriva la conferma che Padre Dall’Oglio “è ancora vivo” e nelle mani dello Stato islamico in Iraq e nel Levante dal quotidiano libanese filo-siriano ‘Al-Akhbar’. Mentre la Farnesina diffonde una nota dove si legge che al ministero degli Esteri non risulta vi siano stati contatti tra una delegazione italiana e il gesuita.
Secondo le informazioni del giornale, che ha pubblicato un articolo dal titolo ‘La storia completa della presunta uccisione di padre Paolo Dall’Oglio per mano dello Stato islamico’, il gesuita romano “è stato trasferito ormai da lungo tempo nell’hinterland settentrionale di Raqqa, e più precisamente nella regione di Tell Abiad, vicino ai confini con la Turchia”. Il giornale afferma inoltre che “le trattative (per il suo rilascio, ndr) sono riprese di recente e il governo italiano si è inserito direttamente nel canale del negoziato”. Confermato anche che “una delegazione italiana si è recata nella zona un mese fa circa e ha incontrato padre Paolo”, con il quale “si è intrattenuta due ore”. Il giornale lega il rilascio di Dall’Oglio a quello dei due vescovi ortodossi di Aleppo Yuhanna Ibrahim e Bulos al-Yaziji, rapiti ad aprile dello scorso anno, ed esclude che il gesuita italiano possa essere “liberato da solo”.
Quanto alle ragioni del suo rapimento, una fonte ‘jihadista’ ha spiegato che i miliziani dello Stato islamico non si fidavano di lui: “Alcuni ambienti musulmani amici ci avevano riferito che i servizi segreti cristiani (ossia occidentali, ndr) avevano organizzato tutto per introdurre questo cristiano tra le fila dei mujahidin”, ha detto la fonte, aggiungendo che “in seguito è emerso che questo cristiano aveva un lungo curriculum nel trattare con i servizi segreti dei miscredenti”. Dopo un certo periodo, i leader dello Stato islamico decisero di dare ascolto ad alcune richieste di negoziato per la liberazione di padre Paolo. Una fonte siriana dell’opposizione che all’epoca era a conoscenza dei fatti ha dichiarato che lo Stato islamico pretendeva “un riscatto enorme e senza precedenti”. Le stesse parti interessate al negoziato hanno fatto sapere ai miliziani che “la somma pretesa era astronomica”, chiedendo di “proporre una cifra più ragionevole affinché l’organizzazione dimostrasse la sua serietà”. La risposta è stata la “falsa notizia che lo Stato islamico ha giustiziato padre Paolo dopo due ore dal suo sequestro”, notizia che però il gruppo stesso si è apprestato a smentire attraverso canali segreti, facendo sapere che “la proposta era ancora valida, a condizione che non si mettesse in dubbio la serietà dello Stato islamico”, ha aggiunto la fonte.
Da quel momento, ha continuato la fonte, si è aperta una nuova fase negoziale, lontana dalle pressioni della stampa, in cui lo Stato islamico ha mostrato una nuova determinazione a “consegnare il sacerdote solo ed esclusivamente al regime siriano e non all’opposizione”. Questo sulla base di una “fatwa pronunciata dai giuristi dell’organizzazione” in base alla quale “avere a che fare con un cristiano, in caso di necessità, è preferibile al trattare con l’apostata”. Dal momento che “tutte le fazioni dell’opposizione siriana sono apostate, ad eccezione di quelle fedeli allo Stato islamico”, allora consegnare il gesuita all’opposizione diveniva impossibile. I negoziatori hanno cercato di convincere lo Stato Islamico a tralasciare questa condizione, assicurando loro che “il regime non ha alcun interesse alla questione, oltre al fatto che la parte che pagherà il riscatto vuole che il padre sia consegnato a lei o a uno dei suoi alleati”, ha spiegato la fonte, secondo cui la risposta dei miliziani è stata negativa, fatto questo che ha infossato di nuovo le trattative.