Progressi nei negoziati in corso secondo una fonte politica israeliana, nelle prossime ore la discussione sui dettagli dell'intesa tra Stato ebraico e terroristi
Sono stati fatti progressi sull'accordo per il rilascio degli ostaggi in mano a Hamas e una svolta potrebbe arrivare nelle prossime 48-72 ore. A riferirlo una fonte politica israeliana all'emittente Abc, precisando che il gabinetto di guerra israeliano si riunirà proprio per discutere i dettagli dell'intesa.
Il direttore del servizio di sicurezza interno israeliano dello Shin Bet, Ronen Bar, si è intanto recato in visita in Egitto per discutere dell'accordo sulla liberazione. In viaggio per Israele il Consigliere di Joe Biden, Brett McGurk, coinvolto nei negoziati. L'accordo dovrebbe poi comunque passare dall'approvazione del governo, scrive Haaretz.
Ma la guerra, avverte intanto il membro del gabinetto di guerra Benny Gantz, continuerà in ogni caso "fino al raggiungimento dei nostri obiettivi".
"Anche se servisse un cessate il fuoco per il ritorno degli ostaggi - ha spiegato nella giornata di ieri -, non si fermerebbe la guerra". Gantz, riporta il Times of Israel, si è espresso così durante una visita ai vertici militari nel nord di Israele e ha assicurato che il Paese sta facendo "tutto il possibile a livello politico e militare per riportare a casa in sicurezza" gli ostaggi, circa 240 trattenuti nella Striscia di Gaza dal terribile attacco del 7 ottobre di Hamas in Israele. "Stiamo facendo tutto il possibile per riportare tutti a casa - ha rimarcato - con ogni mezzo".
Vari fattori stanno ostacolando tuttavia in queste ore l'accordo tra Hamas e Israele. Lo evidenzia la Cnn, precisando che una delle complicazioni nei colloqui in corso è la verifica dell'elenco dei nomi degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi che Hamas e Israele dovrebbero rilasciare nel quadro dell'intesa. Secondo due funzionari citati dall'emittente americana, Israele vuole assicurarsi che nessuno dei prigionieri rilasciati abbia legami con Hamas e per questo ogni nome proposto viene esaminato attentamente.
Un altro fattore che sta rallentando i colloqui è la mancanza di informazioni sugli ostaggi detenuti da Hamas. Dal momento che si ritiene che altri gruppi a Gaza, come la Jihad Islamica, abbiano nelle proprie mani degli ostaggi, non è chiaro ai negoziatori chi Hamas potrebbe rilasciare come parte di un accordo.
I negoziati sono stati ostacolati anche dai combattimenti in corso e da problemi logistici, compresi i blackout delle comunicazioni a Gaza che hanno impedito ai leader di Hamas nella Striscia di parlare con i leader politici in Qatar. La complicata diplomazia indiretta, che coinvolge mediatori di Doha, ha fatto sì, inoltre, che a volte possano volerci ore e persino giorni prima che i messaggi vengano scambiati tra tutte le parti.
Nella giornata di ieri, è continuato intanto il braccio di ferro tra Hamas e Israele sul rilascio. Se il presidente Usa Joe Biden si dice convinto che "ci possa essere" la liberazione dei prigionieri, le Brigate Ezzeldín al Qassam sono tornate ad accusare Tel Aviv di bloccare lo scambio, che include il rilascio di 50-70 donne e bambini rapiti durante gli attacchi del 7 ottobre. Secondo il portavoce Abú Obeida, il Qatar starebbe mediando per raggiungere un'intesa che consenta il rilascio di "200 bambini e 75 donne palestinesi" incarcerati, ma da parte delle autorità israeliane c'è stato un rinvio.
Il metodo con cui si stanno svolgendo i negoziati, inoltre, potrebbe spingere la Jihad Islamica a restare fuori da eventuali accord, ha annunciato il segretario generale della formazione islamista palestinese, Ziad Nachala, citato da al-Arabiya. Nachala ha spiegato che l'organizzazione potrebbe non accettare di essere coinvolta in una possibile intesa tra Israele e Hamas, decidendo di attendere "condizioni migliori". In precedenza la Jihad Islamica aveva reso noto di tenere in ostaggio 34 persone.
Un appello ad accettare subito l'accordo con Hamas è stato intanto lanciato nella serata di ieri dai rappresentanti delle famiglie degli ostaggi al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al ministro della Difesa Yoav Gallant e al membro del gabinetto di guerra Benny Gantz.