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Ben Ammar: "Nobel bel messaggio per la Tunisia, ora Ue mantenga le promesse"

Tarak Ben Ammar (Infophoto) - INFOPHOTO
Tarak Ben Ammar (Infophoto) - INFOPHOTO
09 ottobre 2015 | 16.59
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L'assegnazione del premio Nobel per la pace al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino "è un messaggio molto bello. Arriva un grande complimento ad un giovane popolo che da solo ha lottato per la sua libertà attraverso il dialogo e non la guerra civile come abbiamo visto purtroppo in Libia, in Iraq o in Siria". Ad affermarlo all'Adnkronos è l'imprenditore e produttore cinematografico tunisino, Tarak Ben Ammar, nipote dell'ex presidente tunisino Habib Bourghiba, evidenziando come questo premio Nobel per la Pace sia anche un incoraggiamento a non abbandonare la Tunisia: "una democrazia con lo stomaco vuoto non può esistere. Quello che chiediamo è che l'Ue mantenga le promesse fatte".

Questo premio, sottolinea ancora Ben Ammar, "è la dimostrazione che anche senza un intervento straniero, che non c'è stato in Tunisia, si può arrivare ad una rivoluzione pacifica fatta dalla società civile, dai giovani, dagli avvocati. E' la dimostrazione che senza ingerenza le cose positive succedono. Abbiamo tutti noi contribuito al successo di questa rivoluzione, anche i media e anche la nostra televisione, rendendo il dialogo pacifico".

Con questa Rivoluzione dei Gelsomini, rileva ancora Ben Ammar, "abbiamo dimostrato che il nostro Islam moderato, come lo testimonia il governo di coalizione composto dal partito di maggioranza laico Nidaa Tounes e dal partito musulmano Ennahda, è compatibile con la democrazia e la libertà".

Il messaggio che arriva da Oslo con il premio Nobel per la Pace, quindi, sottolinea Ben Ammar, "è un messaggio molto bello e questo Nobel dovrebbe far riflettere l'Occidente che non deve abbandonarci".

L'Ue, rileva, "ha aiutato la Grecia con oltre 155 miliardi di euro. Aiuti, sacrosanti visto che la Grecia sta nell'Ue, ma che Atene non potrà ripagare. La democrazia tunisina, la libertà delle donne, la moderazione nella sua Costituzione e dunque la lotta contro il fanatismo non vale il 6% del debito greco?". Nel 2011 il G8, osserva Ben Ammar, "ha deciso un piano 'Marshall' di 20 miliardi di dollari per sostenere la Rivoluzione dei Gelsomini in Tunisia. Non abbiamo ricevuto niente. Non valiamo il 6% del debito greco?". Ad oggi, aggiunge, "non abbiamo ricevuto i soldi. Dall'Occidente riceviamo i complimenti e gli auguri ma non bastano: questo premio Nobel riconosce la necessità di aiutare la Tunisia nella sua costruzione".

Anche perché la situazione attuale in Tunisia "è difficile a livello economico" anche se c'è "una grande compattezza tra di noi". I rischi ci sono, rileva Ben Ammar: "abbiamo i profughi della Libia, il terrorismo che ha ammazzato stranieri nel Paese all'Hotel Sousse e al museo Bardo. Dobbiamo ripristinare la sicurezza, far tornare la voglia ai turisti di tornare da noi". E poi, sottolinea, "dobbiamo dare lavoro e benessere ai giovani che hanno fatto questa Rivoluzione ".

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