Calo Pil, Pnrr e superbonus: tutte le variabili
Crescita in calo, Pnrr indietro, risorse insufficienti e legate a stime tutte da confermare, la mina del superbonus. Il tutto in una fase di stretta monetaria da parte della Bce che scoraggia gli investimenti di imprese e famiglie. Il rompicapo della manovra 2024 si fa sempre più difficile da risolvere a fronte di richieste dei ministeri per 40 miliardi di euro, ipotesi di governo che si aggirano sui 30 miliardi e coperture in cassa certe per appena 5 miliardi al momento.
Le stime d'autunno della Commissione Ue hanno messo nero su bianco quello che era nell'aria da settimane sotto la spinta della recessione tedesca. La crescita della zona euro è stata ribassata allo 0,8% nel 2023 dall’1,1% della scorsa primavera e all’1,3% nel 2024 dal precedente 1,7%. Riviste le previsioni per l’Italia: +0,9% (da +1,2%) nel 2023 e +0,8% nel 2024 (da +1,1%). Su tutti pesa l'andamento della Germania che cala di -0,4% (da +0,2%) per il 2023 e risale a +1,1% (da +1,4%) nel prossimo anno. Un'altra doccia fredda, che anche in questo caso non stupisce, è il dato sulla produzione industriale di luglio diffuso dall'Istat a -0,7% su mese e -2,1% su anno. Il tutto a fronte di un calo record della fiducia come non si vedeva dallo scorso novembre. Già nelle ultime stime sul Pil l'Istat ha ribassato la crescita a -0,4% nel secondo trimestre con una variazione acquisita per il 2023 pari a +0,7%.
C'è da attendersi una revisione del Pil anche da parte del governo nella Nadef da presentare entro il 27 settembre, non solo per l'impatto dell'arretramento della locomotiva tedesca ma anche perché le stime della scorsa primavera si basavano sull'attuazione del Pnrr che oggi è in ritardo nonostante il via libera della Commissione Ue alle modifiche proposte da Roma agli obiettivi della quarta tranche e il rilascio in extremis della terza rata da 18,5 miliardi. Oggi, si apprende da fonti Ue a Bruxelles, il Comitato Economico Finanziario del Consiglio ha dato parere positivo alla richiesta di esborso della terza rata.
Su queste variabili pesa la 'bomba' del superbonus e il suo impatto sul deficit dove sarà dirimente la decisione di Eurostat se calcolare le spese nell’anno in cui matura il diritto o se spalmarle negli anni successivi. Nel primo caso si rischia un onere sul deficit aggiuntivo di 1,5 punti di Pil, quindi si passerebbe dal 4,5% programmatico a 6% nel 2023.
Intanto pur volendo scremare al massimo le richieste dei ministeri per la manovra servono oltre 30 miliardi. Per rifinanziare il taglio del cuneo fiscale servono 9 miliardi di euro; per il primo step della riforma fiscale accorpando le prime due aliquote ce ne vogliono altri 4; alla sanità servono almeno 2 miliardi; per le famiglie e la natalità 4 miliardi; per confermare il pacchetto pensioni (nessun ritocco quindi) 2 miliardi. Altri 6 miliardi servono per le spese indifferibili, missioni di pace ecc.. La conferma della tassazione agevolata sui premi di produttività e fringe benefit fino a 3mila euro costa 2 miliardi; infine il rinnovo dei contratti del pubblico impiego per il solo avvio ne richiede almeno 2.
Per le coperture al momento ci sarebbero neanche 12 miliardi. Ci sono i 4 miliardi ricavati spostando il deficit dal 3,5 al 3,7% del Pil, la tassa sugli extraprofitti delle banche da 3 miliardi, dal concordato preventivo e dall'adempimento il governo punta a reperire altri 3 miliardi; poi ci sono 1,5 miliardi di tagli alla spesa dei ministeri. Mancano risorse per circa 18 miliardi di euro.