La paura attanaglia i mercati. La manovra messa in cantiere dal governo gialloverde, quasi tutta in deficit, spaventa Piazza Affari. L'incertezza per il futuro dell'Italia e dei suoi conti pubblici è quindi il comune denominatore delle vendite che si sono scatenate sulla Borsa di Milano e sui titoli di Stato.
Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è salito fino a 280 punti e il Ftse Mib (-3,7%) è l'indice peggiore tra le piazze finanziarie europee dopo che il Governo ha raggiunto un accordo sulla nota di aggiornamento del Def. L'intesa dovrebbe prevedere un deficit pubblico in rapporto al Pil pari al 2,4% - ben al di sopra degli obiettivi che si era posto, secondo indiscrezioni, il ministro dell'Economia, Giovanni Tria. Il maggior disavanzo servirà a Lega e M5S per finanziare alcune misure in manovra, tra cui reddito e pensioni di cittadinanza. Cosa temono, esattamente, analisti e mercati?
L'AUMENTO DEL DEBITO - Sul lungo periodo, il rischio principale prezzato dagli investitori è che un aumento del deficit possa compromettere la stabilità dei conti pubblici del Paese e aumentare ulteriormente l'enorme debito pubblico italiano, pari a luglio a 2.341 miliardi. In uno scenario di crescita economica inferiore al previsto nel prossimo biennio è possibile che il rapporto debito/Pil, già al 131,8% nel 2017, aumenti ancora. "La nostra preoccupazione principale al momento è il possibile deteriorarsi ulteriore del contesto economico: il vero rischio per l’Italia potrebbe materializzarsi quando, senza sufficienti riserve strutturali per abbassare la crescita dei tassi, la dimensione del surplus primario richiesto per stabilizzare il rapporto debito/pil potrebbe diventare irraggiungibile", sottolinea Columbia Threadneedle Investments.
LE EVENTUALI DIMISSIONI DI TRIA - Le indiscrezioni su un braccio di ferro tra l'Esecutivo e il Mef e lo spettro delle dimissioni del ministro delle Finanze Giovanni Tria non ha certo rassicurato la platea di fondi e compratori internazionali del debito pubblico italiano. Il titolare del Tesoro sembra aver giocato un ruolo passivo nella stesura della nota di aggiornamento al Def, ma avrebbe deciso di restare al suo posto. E questo perché funge da garante dei conti pubblici nei confronti dell’Europa e dei mercati. Se lasciasse, "potrebbe essere compromessa la stabilità finanziaria e lo scenario di un nuovo 2011 diventerebbe più concreto", fa notare Ig. "Lo spread potrebbe spingersi fino a 450-500 punti base e l’ipotesi di vedere all’azione il piano Omt della Bce sarebbe molto probabile". L'Outright Monetary Transactions è una sorta di scudo antispread, ma implica restrizioni fiscali ai Paesi che ne fanno uso (vedi alla voce Troika).
IL DOWNGRADE DELLE AGENZIE DI RATING - Entro la fine di ottobre le agenzie di rating pubblicheranno i loro giudizi sul debito sovrano dell'Italia. Si tratta di S&P e Moody's che, rispettivamente, assegnano al Paese un rating di BBB con outlook stabile la prima e un rating di Baa2 con outlook negativo la seconda. E' probabile che con questi presupposti, le agenzie si pronuncino con un downgrade che metterebbe l'Italia nelle condizioni di essere solo un gradino sopra la pericolosa soglia dello speculative grade. "La perdita dello status di paese Investment Grade provocherebbe l’esclusione dell’Italia dai più importanti indici obbligazionari mondiali, scatenando la liquidazione forzata di titoli di Stato italiani da parte di molti investitori esteri, inclusa la stessa Bce, come accadde per Grecia e Cipro", avverte Pictet Asset Management.
IL CONFLITTO CON LA COMMISSIONE EUROPEA - Uno scontro con la Commissione Europea, dopo la presentazione di un progetto di bilancio fortemente espansivo, è una delle eventualità a cui l'Italia potrebbe dover far fronte nei prossimi mesi destabilizzando la credibilità internazionale del Paese. Anche se è ancora prematuro immaginare cosa accadrà, "se l'Italia e la Commissione europea non riescono a trovare un compromesso, non escludiamo la potenziale riapertura di una procedura di infrazione per i disavanzi eccessivi da cui l'Italia è uscita nel 2013", osserva un report di Barclays.
UN PEGGIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DELLE BANCHE - La giornata di Borsa è stata caratterizzata da un sell off, una vendita indiscriminata sui titoli bancari. Gli istituti, insieme alle assicurazioni e alle società di gestione del risparmio, sono tra i maggiori detentori di Titoli di Stato e quindi del debito pubblico italiano. Il rialzo dello spread implica una perdita di valore per i Titoli di Stato, più difficili da vendere se non a tassi di rendimento più alti. La loro svalutazione a bilancio potrebbe implicare per le banche un ammanco di capitale che, se sotto le richieste della Bce, comporta manovre correttive come gli aumenti di capitale.