Un’indagine condotta da Nomisma per Valore D mette in luce la scarsa consapevolezza tra le aziende italiane del valore di business legato alle iniziative ‘DEI’
Assenza di una visione moderna dell’inclusione, interventi ‘spot’ dovuti a iniziative dei singoli, mancanza di un budget dedicato e di un monitoraggio sulle iniziative messe eventualmente in campo. Il tema D&I (Diversity&Inclusion), ovvero ciò che valorizza la diversità in azienda a partire dal contrasto alle discriminazioni basate su genere, età, etnia, religione, orientamenti sessuali, è per le Piccole e Medie imprese italiane ancora inesplorato e sottovalutato. Un’indagine condotta da Nomisma per Valore D su 503 Pmi, dal titolo “Diversità, Equità, Inclusione nelle PMI italiane”, mette in luce proprio la scarsa consapevolezza del valore strategico e di business legato all’adozione di iniziative di inclusione ed equità tra le aziende italiane.
Nomisma evidenzia innanzitutto un ‘SAY-DO-GAP’, ovvero una distanza tra la volontà espressa a parole dalle Pmi di perseguire obiettivi di Diversità, Equità ed Inclusione (DEI) e la realizzazione concreta di azioni e strategie operative.
Un esempio di gap tra parole e fatti è che molte aziende dicono di assumere addetti senza discriminazioni di genere, età o abilità, ma i dati raccontano altro: la presenza femminile in posizioni apicali è ancora scarsa, come scarsa è la scarsa conoscenza della certificazione di genere, che rimane spesso un mistero.
L’11% delle Pmi non ha donne nelle posizioni dirigenziali, e il 57% ne ha meno del 25%. Non solo: risulta limitata in generale la presenza stessa delle donne nelle aziende piccole e medie: nel 43% dei casi meno del 25% degli addetti è donna, e nel 33% si riscontra una percentuale di addette tra il 25 e il 50%.
Quanto alla certificazione di genere, il 63% delle Pmi ne conosce quantomeno l’esistenza: il 21% sa di cosa si tratta, e il 42% ne ha solo sentito parlare. Il 37% invece non ne ha nemmeno sentito mai parlare. Un misero 1% delle medie imprese ha ottenuto la certificazione, anche se il 32% delle aziende potrebbe richiederla nei prossimi 12 mesi (23% piccole imprese e 46% medie).
Le aziende si concentrano soprattutto sul welfare o sulla conciliazione vita-lavoro, trascurando la formazione sulle tematiche dell’inclusività e gli altri strumenti che consentirebbero di far evolvere la cultura aziendale. Anche l’elaborazione di linee guida interne e la selezione dei fornitori e partner in base alle loro politiche DEI sono del tutto minoritarie. In sostanza, le Pmi esprimono una visione antiquata dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità.
Lo dimostra anche la frequente mancanza di una figura dedicata ad occuparsi di temi D&I, che spesso vengono presi in carico dalla direzione. Infatti, solo il 16% delle Pmi ha una figura specifica per gestire i temi DEI, e sono poco diffusi anche i responsabili degli aspetti di sostenibilità (35%), a fronte di un 52% delle aziende che possiede un responsabile risorse umane.
Non solo: il 67% delle Pmi non prevede nemmeno di inserirlo, un responsabile DEI, e il 44% non ha in programma di avere un responsabile degli aspetti di sostenibilità.
Chi si occupa allora dell’inclusività e delle diversità? Nelle aziende prive di una figura ad hoc, la gestione ricade sulla dirigenza: il titolare/ad/direttore generale nel 44% dei casi. La conseguenza è che i temi Dei sono affidati alle iniziative dei singoli, alla loro esperienza, alla loro sensibilità e alla loro capacità di visione strategica.
Una visione antiquata dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità è dimostrata anche dall’assenza pressoché generalizzata di un budget dedicato a questi temi. Il 72% delle Pmi non ha un tale budget e nemmeno prevede di averlo in futuro. Solo il 16% non lo ha ma intende procedere in tal senso nel prossimo anno, e solo il 12% già ce l’ha.
Le maggiori problematiche emerse dall’indagine relativamente all’attivazione di iniziative D&I sono in grossa parte culturali: non interessa muoversi in queste direzioni perché non se ne comprende l’importanza anche ai fini del business, e quindi non si ritiene di averne bisogno o nemmeno ci si è mai posti il dubbio.
Il 37% delle Pmi, infatti, non sente il bisogno di adottare iniziative a favore di diversità, equità ed inclusione e per il 17% addirittura non ci sarebbe alcun vantaggio a procedere in tal senso. L’11% non ci aveva mai pensato.
Un altro importante freno è la ridotta dimensione aziendale: per il 51% delle Pmi l’azienda è troppo piccola per dotarsi di una struttura dedicata agili aspetti di diversità, equità ed inclusione (60% piccole imprese, 32% medie).
Tuttavia, negli ultimi 2-3 anni le imprese di medie dimensioni hanno maturato una maggiore consapevolezza del ruolo strategico che la DEI può rivestire per l’azienda. La consapevolezza della dirigenza e dei manager dell’importanza degli obiettivi sociali dell’impresa è in forte aumento per il 25% di loro e in aumento per il 39%, a fronte rispettivamente del 10% e del 52% nelle piccole aziende.