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"Con aumento Iva stangata da 382 euro"

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18 aprile 2019 | 07.25
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Se non saranno disinnescate le clausole di salvaguardia e scatterà l'aumento dell'Iva, da gennaio 2020 "questo si tradurrà in 382 euro di maggiori tasse a testa. Se scatterà tutto l'aumento previsto dalle clausole di salvaguardia dell'ultima legge di Bilancio, l'aggravio sarà di 889 euro a famiglia". A segnalarlo è l'Ufficio Studi Confcommercio.

"La fiducia di famiglie e imprese sta calando anche perché nel dibattito pubblico, abbastanza confuso, c'è questo macigno delle clausole di salvaguardia - spiega il vicepresidente vicario di Confcommercio, Lino Stoppani -. Vanno disinnescate subito e con chiarezza individuando le risorse per fare questa operazione. Aumentare l'Iva significa aumentare le tasse e deve essere chiaro a tutti che famiglie e imprese non potrebbero sopportare un ulteriore aumento delle tasse in una fase economica in cui i consumi sono sostanzialmente fermi".

Secondo le stime di Confcommercio sono diversi i prodotti che subirebbero l'aumento dei prezzi. Per fare qualche esempio, se salisse l'aliquota dal 10% al 13% aumenterebbe, tra l'altro, il prezzo di prodotti come yogurt, omogenizzati, salumi, farmaci, elettricità e voli aerei. Mentre un aumento dell'aliquota Iva dal 22% al 25% interesserebbe prodotti come caffè , sigarette, abbigliamento, calzature, smartphone e profumi.

Sull'aumento dell'Iva interviene anche la Cgia di Mestre, che in una nota esprime la sua netta contrarietà. Gli artigiani mestrini ricordano che, nell’ipotesi peggiore, se non verranno recuperati entro la fine di quest’anno 23,1 miliardi di euro, l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 25,2 per cento, mentre quella ridotta dal 10 salirà al 13 per cento. In questo modo dal 2020 l’Italia potrebbe essere il Paese con l’aliquota Iva ordinaria più elevata dell’area dell’Euro. Un balzo che - continua la Cgia - "ci consentirebbe di scavalcare tutti e di posizionarci in testa alla classifica dei più tartassati dall’Iva".

"Se aumentasse l’Iva - dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - favoriremmo le esportazioni, ma penalizzeremmo i consumi interni. A pagare il conto sarebbero le famiglie, ma anche gli artigiani, i piccoli commercianti e i lavoratori autonomi che vivono quasi esclusivamente di domanda interna”.

Dall'apparizione dell'Iva ad oggi, infatti, ricorda la Cgia, sono trascorsi 46 anni. L’aliquota ordinaria dell’Iva è stata introdotta per la prima volta nel 1973 e fino a quest’anno è aumentata 9 volte. Tra i principali Paesi della zona euro l'Italia è quello in cui è cresciuta di più: ben 10 punti, dal 12% del 1973 al 22% attuale, un record, ovviamente, poco invidiabile. Seguono la Germania, con una variazione di +8 punti (era all’11 adesso si attesta al 19 per cento), l’Olanda, con un aumento di 5 punti (era al 16 oggi è al 21 per cento), l’Austria e il Belgio, con degli aumenti registrati nel periodo preso in esame rispettivamente del +4% e del +3%. La Francia è l’unico Paese presente in questa comparazione che non ha registrato alcun incremento.

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