Due capolavori dell’arte, entrambi conservati alla Gallerie degli Uffizi di Firenze, appaiono esposti in questi giorni, per la prima volta uno accanto all’altro, a Vinitaly a Veronafiere. Le opere in un contesto assolutamente inedito, la più grande del settore giunta quest’anno alla 55esima edizione
Il Bacco di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, e il Bacco fanciullo attribuito a Guido Reni, due capolavori dell’arte, entrambi conservati alla Gallerie degli Uffizi di Firenze, appaiono esposti in questi giorni, per la prima volta uno accanto all’altro, a Vinitaly a Veronafiere. Una mostra che rende omaggio al Dio del vino, in un contesto assolutamente inedito, la più grande del settore giunta quest’anno alla 55esima edizione. L’iniziativa, annunciata nei giorni scorsi, è dei ministri dell’Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e della Cultura Gennaro Sangiuliano che hanno fortemente voluto le splendide tele per mostrare al pubblico professionale dei buyer, provenienti da tutto il mondo, e anche ai wine lovers, il profondo legame del vino con la cultura e la storia italiana, e non solo. Una risposta esplicita al recente attacco al ‘nostro vino’ con le etichette irlandesi di health warning, simile a quelle per le sigarette, nuoce gravemente alla salute, con un’operazione di “controinformazione positiva” come l’ha definita Lollobrigida.
I due artisti dipinsero le loro opere tra la fine del '500 e gli inizi del '600. Seppure molto diverse tra loro, i quadri dipinti, con la tecnica di olio su tela, hanno alcuni tratti comuni a cominciare dalla giovane età dei soggetti, alla naturalezza della scena, alle dimensioni, 95x85 per il Bacco di Caravaggio e 88x71 per quello di Reni. Le opere resteranno in mostra sino al 5 aprile (giorno di chiusura di Vinitaly) nello spazio del Masaf, senza che sia stato speso un euro pubblico grazie all’intervento delle Generali. Ed ecco la descrizione delle opere, fornita dal museo fiorentino.
Il Bacco di Caravaggio (1597-98) venne eseguito dall’artista in età relativamente giovanile quando, a Roma, l’artista godeva della protezione del cardinale Francesco Maria del Monte. Esso rientra nella serie di opere con mezze figure dipinte "in chiaro", caratterizzate da una descrizione straordinariamente realistica del mondo vegetale, quali ad esempio il Fruttaiolo della Galleria Borghese di Roma e la Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Anche nel Bacco degli Uffizi, i pampini con l'uva che inghirlandano la testa del giovane dio sono veri, palpitanti di vita, e la cesta davanti a lui è ricolma di frutta in parte intatta e lucente, in parte già ammaccata: una chiara allusione al tempo che passa e alla natura effimera dei piaceri della vita. È davvero sorprendente la resa del vino ondeggiante nella raffinata coppa di vetro veneziano, che il dio sorregge con due sole dita - una sublime leggerezza che forse allude alle qualità volatili dell’alcol - e della bellissima boccia di vetro in primo piano, dove sulla superficie si riflette piccolissima l'immagine del pittore nello studio.
Per la figura di Bacco, Caravaggio prese a modello un garzone di bottega, probabilmente il giovane pittore siciliano Marco Minniti, rappresentandolo languidamente adagiato su un ordinario materasso a righe malapena coperto dal lenzuolo di lino. Il ragazzo ha le unghie ancora sporche di pittura, le gote arrossate dall’ebbrezza, e sembra intento a sciogliere con un gesto ambiguo il fiocco nero che trattiene ancora la camicia: il baccanale sta per cominciare. Il dipinto evoca, molto probabilmente, una visione dell’antichità classica incentrata sulla libertà dei sensi, e fa riferimento ai riti iniziatici e ai travestimenti bacchici che si praticavano a Roma. Il Bacco fu un eccezionale regalo di nozze: nel 1608 venne infatti offerto - assieme allo scudo con la Medusa dello stesso Caravaggio - dal Cardinal del Monte a Ferdinando I de' Medici, granduca di Toscana, in occasione del matrimonio del figlio Cosimo II con Maria Maddalena d’Austria.
Il Bacco di Guido Reni. Il grazioso, sorridente bambino è un giovanissimo Bacco, con la sua caratteristica ghirlanda di foglie di vite e grappoli d'uva rossi e bianchi di varie specie, coperto da una pelle d’animale che ci ricorda la sua esistenza silvana, circondato da vari tipi di contenitori per il vino, come il fiasco impagliato sulla sinistra e la brocca finemente decorata che il putto suo compagno solleva con fatica. Il giovanissimo dio, già in preda ad una lieve ebbrezza, ci guarda ammiccante reggendo una larga alzata su cui poggia una raffinata coppa di vetro colma di vino bianco.
L’autore dell’opera - il classicista bolognese Guido Reni - traduce in un linguaggio pieno e corposo, modelli molto diffusi della scultura classica, ad esempio le scene di putti che giocano tra grappoli e pampini, o putti vendemmiatori, spesso raffigurate sui sarcofagi romani del terzo e quarto secolo d.C. Nel dipinto, Reni riproduce la realtà con grande attenzione, infondendole energia e naturalezza: si può quasi rievocare la ruvida superficie dei pampini rovesciati e il ritmo della loro nervatura rilevata, sembra di poter avvertire la liscia e fredda superficie della brocca in ceramica, e di sentire l’impercettibile tintinnio della coppa ricolma sull’alzata. È impossibile sottrarsi all’invito di Bacco ad assaggiare il vino che ci porge con tanta grazia.