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Mostre, 'Dieci anni e ottantasette giorni', a Brescia progetto fotografico Luisa Menazzi Moretti

Mostre, 'Dieci anni e ottantasette giorni', a Brescia progetto fotografico Luisa Menazzi Moretti
18 novembre 2023 | 18.09
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Immagini che danno parola alle emozioni. Dopo la mostra alla Biennale di Fotografia di Berlino (Emop Berlin2016), il premio dell’International Photography Awards di New York del 2016 e l’esposizione a Santa Maria della Scala a Siena, arriva anche a Brescia, a conclusione del programma “Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023”, il progetto fotografico sulla pena di morte di Luisa Menazzi Moretti intitolato Ten Years and Eighty-Seven Days/Dieci anni e ottantasette giorni.

Una mostra composta da diciassette immagini il cui titolo fa riferimento al tempo medio che un condannato attende nel braccio della morte dalla condanna all’esecuzione. Si tratta di opere che trasformano in immagini le frasi, le dichiarazioni e i testi delle lettere scritte dai detenuti del carcere di Livingston, vicino ad Huntsville, in Texas, in attesa dell’esecuzione. Fotografie singole, dittici o trittici di grande formato con accanto i testi delle lettere conservate nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Le fotografie di Luisa Menazzi Moretti non raccontano le parole, ma danno forma e immagine ai pensieri degli uomini e delle donne che le hanno scritte e pronunciate: una sorta di antologia visiva sui travagli interiori dei condannati a morte.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 25 novembre al 24 dicembre al Macof – Centro della fotografia italiana di Brescia ed è inserita all’interno delle iniziative di Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Nessun intento di reportage, né documentaristico. L’opera di Luisa Menazzi Moretti immortala la solitudine, i silenzi, crea uno stato d’animo e innesca una comunicazione non verbale. Non parla di morte, ma narra la vita sospesa dentro quel luogo e in quello Stato americano (dove l’artista ha vissuto per molti anni) in cui, dal 1982 al marzo di quest’anno, sono stati giustiziati 583 detenuti.

La morte non è esibita, né ci sono innocenti o colpevoli. Ci sono solo immagini elaborate: scatti di oggetti, simboli, pensieri di uomini e donne le cui parole cercano libertà, chiedono perdono, riflettono sulla condizione cui sono costretti, maledicono o invocano il cielo, il tempo, le ore e o minuti dell’attesa. “Da quando la mostra è stata presentata a Siena, nel 2016 - sottolinea Luisa Menazzi Moretti - ci sono state oltre 50 esecuzioni. In questi giorni ho letto le storie e le dichiarazioni degli ultimi condannati. A fine ottobre l’esecuzione di un uomo è stata sospesa due ore prima: sono state considerate valide testimonianze che non erano state prese in considerazione durante il processo e ha influito nella decisione delle autorità la sua buona condotta. Ma è incredibile che da oltre 22 anni quell’uomo abbia vissuto nel braccio della morte, in attesa di una esecuzione che poteva avvenire in qualsiasi momento… A novembre sono previste ad Huntsville altre due esecuzioni, tra le proteste di attivisti e familiari. Lo Stato del Texas continua a ritenere la pena di morte una forma legittima di giustizia degli uomini. Che nel 2023 la pena capitale non sia stata abolita in alcuni Stati della più potente e democratica nazione del mondo, invita a riflettere”.

“La pena capitale non lascia spazio all’umanità. Si tratta – sottolinea la sindaca di Brescia Laura Castelletti - di una punizione crudele, impietosa e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica da più di due terzi dei Paesi nel mondo, come ci ricorda Amnesty International. Sostituendo la vendetta alla giustizia, appaga più l’istinto che la ragione. Per questo il lavoro di Luisa Menazzi Moretti, italiana cresciuta in Texas, si rivela particolarmente prezioso. Dieci anni e ottantasette giorni, mostra fotografica dedicata ai detenuti nel braccio della morte in Texas, restituisce umanità ai carcerati e dignità alle loro esistenze. Il lavoro dell’artista, empatico e coinvolgente, riesce a parlare al cuore del visitatore senza indulgere nella facile retorica o in un senso di pietà a buon mercato. È un viaggio attraverso la sofferenza che, senza nascondere le colpe e le responsabilità, rimette al centro l’uomo. Ringrazio davvero di cuore l’artista per aver portato nella nostra città questo lavoro”.

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