Bassetti: "A 30-40enni non serve, vacciniamo chi a rischio"
"Il fatto che questi vaccini adattati siano approvati per gli over 12 non vuole dire che noi dobbiamo vaccinare anche i 30-40enni che hanno fatto già il ciclo completo di vaccini". Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, sui vaccini Covid aggiornati e la possibilità, evidenziata oggi dagli esperti, anche per chi non fa parte delle categorie a rischio di immunizzarsi con il booster.
"In questo momento la priorità è agli ultra 70enni e ultra 80enni e ai fragili - sottolinea Bassetti - queste sono le categorie più a rischio. Allargare ora la platea dei vaccinabili rischia di distogliere l'attenzione sulla necessità di vaccinare con il booster le categorie a rischio previste dalla circolare del ministero della Salute".
"Se un trentenne mi chiede se deve fare il nuovo vaccino bivalente, gli dico di no - spiega - Poi se uno si vuole andare a vaccinare lo può fare, come già accade con l'influenza, ma non mettiamo sullo stesso piano le vaccinazioni per i giovani e quelle per gli anziani. La campagna di vaccinazione oggi non deve essere di massa, ma differenziata per età e per comorbidità".
Minelli
"E' indiscutibile e comunemente accettata la capacità protettiva del vaccino nei confronti delle conseguenze più gravi dell'infezione da Sars- CoV-2, ma mi chiedo se sia utile e ragionevole includere, tra i potenziali soggetti riceventi, anche gli individui tra i 30 e i 60 anni in complessive buone condizioni di salute, senza disfunzioni immunitarie o altre patologie di rilievo", sottolinea dal canto suo all'Adnkronos Salute l'immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata.
Minelli chiarisce che questa possibilità non è giustificata "nel momento in cui il tasso di occupazione delle intensive e dei reparti ordinari scende costantemente e altrettanto significativamente cala, in questi ultimi giorni, l'incidenza della malattia per ogni 100mila abitanti, e con i casi positivi che risultano essere per lo più di lieve entità clinica".
"E poi, ancora - si chiede lo specialista - perché non utilizzare esclusivamente questi ultimi vaccini, aggiornati e certamente validi ed efficaci, sulle varianti ultime del virus, piuttosto che far passare il messaggio a mio avviso socialmente riprovevole del 'verranno usati i nuovi vaccini per alcuni, mentre per altri bisognerà utilizzare quelli vecchi finché non si esauriscono?'". Dopo più di 2 anni e mezzo, conclude Minelli, è arrivato il tempo in cui le preoccupazioni di carattere sanitario e quelle di carattere sociale debbono finalmente coincidere".