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'Spese pazze' in Lombardia, arrivano le condanne

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18 gennaio 2019 | 14.33
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Due anni e 6 mesi per Renzo Bossi e un anno e 8 mesi per Nicole Minetti. Questa la sentenza per il figlio del fondatore della Lega Umberto Bossi e l’ex igienista dentale di Silvio Berlusconi emessa dal tribunale di Milano chiamato a decidere su 57 tra ex consiglieri ed ex assessori lombardi accusati in gran parte di peculato, alcuni di truffa, per avere presentato rimborsi ingiustificati per pranzi, cene e "altri servizi di presunta rappresentanza" fra il 2008 e il 2010 per un valore complessivo di circa tre milioni di euro.

Nella sua requisitoria del marzo 2017, il pm Paolo Filippini aveva chiesto la condanna per peculato degli imputati a pene che vanno da un anno e dieci mesi a sei anni di carcere. E dei 57 imputati sono in 52 a essere stati condannati con pene che vanno da un anno e 5 mesi a 4 anni e 8 mesi. Tra questi spiccano le condanne a 4 anni e 8 mesi per Stefano Galli, l’ex capogruppo della Lega in Regione, 1 anno e 6 mesi con sospensione della pena e non menzione per Stefano Maullu ex di Forza Italia, 2 anni e 2 mesi per Alessandro Colucci del gruppo Misto.

Per Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in Senato, la condanna è di 1 anno e 8 mesi. Due mesi in meno per Angelo Ciocca che della Lega è eurodeputato. Escono indenni dal processo in 5: Massimo Ponzoni, Daniel Luca Ferrazzi, Romano Colozzi, Carlo Maccari e Davide Boni. ''A mio modo di vedere - dice all’Adnkronos Daniele Granara che in Liguria è parte in causa in analogo processo - se vi sono spese autorizzate dal Consiglio regionale la giurisdizione non dovrebbe entrarci. Perché la responsabilità va valutata secondo principi giuridici e la Costituzione garantisce l’autonomia regionale. Cioè è la stessa Costituzione che per garantire l’indipendenza accetta il rischio di abusi. E se la spesa è riconducibile direttamente o indirettamente all’esercizio delle funzioni, ed è approvata dagli organi competenti della Regione, lo ribadisco, la giurisdizione non trova applicazione’’.

"Romeo si è mosso in buona fede, ritenendo che quei rimborsi fossero dovuti, secondo quanto avveniva nel tempo, come da consuetudine" dice all'AdnKronos Jacopo Pensa, legale di Massimiliano Romeo. Nel mirino degli inquirenti, spiega Pensa sono finiti "rimborsi per ristoranti e bar, pari a circa 20mila euro in oltre 4 anni, solo spese legate a ristorazione". "Per fortuna - sottolinea l'avvocato - per il mio assistito la pena è sospesa, avendo l'esponente leghista risarcito subito il danno". "Ora faremo appello", fa sapere l'avvocato.

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