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Il papà di Giovanni: "E' omicidio di Stato"

Giovanni Battiloro, una delle vittime del crollo del ponte Morandi a Genova (Fotogramma)
Giovanni Battiloro, una delle vittime del crollo del ponte Morandi a Genova (Fotogramma)
17 agosto 2018 | 17.37
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"Ho parlato di omicidio di Stato perché mio figlio non è morto, è stato ucciso, perché lo Stato non ha tutelato i suoi cittadini". Queste le parole di Roberto Battiloro, padre di Giovanni, uno dei quattro giovani di Torre del Greco (Napoli) morti nel crollo di Ponte Morandi a Genova lo scorso 14 agosto di cui sono in corso i funerali. Il padre di Giovanni promette di dare battaglia perché sia fatta giustizia per le vittime del crollo: "Oggi piangiamo i nostri cari - ha detto - ma da domani dobbiamo trovare la forza tutti insieme, con tutti quelli che mi aiuteranno, per cercare di far sì che queste tragedie non accadano più".

Le famiglie dei quattro giovani hanno voluto che i funerali si svolgessero in forma privata a Torre del Greco, rifiutando così i funerali di Stato che si svolgeranno domani a Genova per gran parte delle vittime del crollo del ponte. A celebrare i funerali di Giovanni e dei suoi amici Matteo Bertonati, Gerardo Esposito e Antonio Stanzione, l'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe.

"Giovanni, Antonio, Matteo e Gerardo restano testimonianza viva di una violenza consumata non dal destino, ma dalla mano dell'uomo, la mano dell'uomo che si sostituisce alla mano di Dio per i propri interessi personali e diventa una mano violenta, una mano che porta morte" ha detto il cardinale Sepe, nella sua omelia. "Questi nostri ragazzi - ha aggiunto - devono essere per noi tutti simbolo di rinascita, se sapremo uniformare i nostri comportamenti a quella etica della responsabilità che è costitutiva di ogni vita umana, che è fondamentale per la stessa vita cristiana e religiosa".

"Qualcuno dice che è il momento del dolore e del lutto, che non dobbiamo pensare alle cause e ai responsabili - ha spiegato -. Vero, ma è altrettanto vero che questo discorso può essere fuorviante e di comodo. E' giusto invece che ci poniamo degli interrogativi e ci domandiamo perché tutto questo è accaduto, non per giustizialismo ma perché abbiamo il sacrosanto diritto di saperlo".

"Dobbiamo saperlo per rispetto a chi ha perso la vita, a questi nostri giovani e alle loro famiglie - ha concluso il cardinale Sepe - e dobbiamo saperlo perché ogni vita è sacra e quindi va sempre difesa e rispettata da tutti, sempre e in ogni modo. Non si può morire per negligenza, per incuria, per irresponsabilità, per superficialità, per burocratismo, per inedia, perché questa è la vera violenza contro la persona, contro la società e contro l'umanità. Questi ragazzi non sono morti perché lo ha voluto il destino".

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