I primi 6 mesi del 2018 hanno visto una nuova impennata dei femminicidi: sono infatti già 44 le donne uccise dall’inizio di gennaio alla fine di giugno, con un aumento percentuale del 30% rispetto al 2017. È l’associazione Sos Stalking a stilare ancora una volta il tragico bilancio: nel 2017 hanno perso la vita 113 donne, due di queste erano in procinto di diventare madri e i rispettivi feti, di 5 e 6 mesi, sono morti con loro. A uccidere sono stati, nella quasi totalità dei casi, mariti, compagni o ex, incapaci di accettare la fine della relazione o la volontà della ex compagna di volersi ricostruire una vita al di fuori della coppia. I numeri subiscono leggere variazioni di anno in anno, ma la strage non accenna a placarsi: nel 2016 in Italia sono state uccise 115 donne, il 2015 ha visto 120 vittime, 117 donne sono state uccise nel 2014 e ben 138 nel 2013.
“La legge sullo stalking, che ha certamente il merito di aver regolamentato un fenomeno che sino a meno di dieci anni fa era ignoto per il nostro sistema giudiziario, presenta ancora oggi lacune che meritano di essere colmate - osserva l'avvocato Lorenzo Puglisi, promotore di Sos Stalking - manca, infatti, un piano ben definito per la riabilitazione degli stalker che spesso, spinti da una dipendenza affettiva, non hanno strumenti idonei a placarsi autonomamente. È indispensabile istituire un network tra Sert, Consultori di zona e Servizi sociali per istituire veri e propri percorsi senza i quali il rischio di recidiva resta molto elevato”.
I numeri come sempre variano da regione a regione e, almeno nei primi mesi del 2018, confermano il triste primato della Lombardia, con il numero più alto di donne assassinate, 11.
Una commissione parlamentare d’inchiesta, presentata a novembre 2017, ha evidenziato come quasi sette milioni di donne abbiano dichiarato di aver subito una violenza fisica o, peggio, uno stupro. Una su cinque ha riportato danni permanenti. “Il 20% dei femminicidi è stato preceduto da una misura cautelare che disponeva un divieto di avvicinamento - spiega Puglisi - Misura che, di fatto, si è rivelata inefficace a causa dell’insufficiente potere dissuasivo di un provvedimento che, restando unicamente sulla carta stampata, non fornisce alcuna reale garanzia per le potenziali vittime e che potrebbe essere fortemente ridimensionato potenziando gli strumenti in uso alla magistratura come i braccialetti elettronici che, ancora oggi, funzionano a regime ridotto essendo ancora troppo pochi gli esemplari in uso alle autorità giudiziarie”.
Oltre alle vittime in prima linea non vanno dimenticati i bambini, o ragazzi, che, in seguito al delitto, si sono ritrovati orfani di madre o, in caso di omicidio-suicidio, di entrambi i genitori. In Italia sono oltre 2000 gli orfani del femminicidio. “Ai 67 ragazzi rimasti orfani nel 2017, se ne aggiungono 20 nei primi 6 mesi del 2018 - ricorda Puglisi - Le cosiddette ‘vittime secondarie’ hanno un’età media compresa fra i 5 e i 14 anni e una prospettiva di vita molto difficile a cui far fronte".