Aveva 99 anni. A 19 si avvicinò alla Resistenza, entrando a far parte di Giustizia e Libertà.
Anpi: "Grande dolore, ciao partigiana"
E' morta all'età di 99 anni la giornalista Francesca Laura Wronowski De Topòr, ultima nipote di Giacomo Matteotti. "Ciao Laura, ciao Partigiana. Un grande dolore", scrive l'Associazione nazionale partigiani d'Italia, rendendo nota la sua scomparsa.
A 19 anni Wronowski si avvicinò alla Resistenza, entrando a far parte della brigata partigiana Giustizia e Libertà, intitolata allo zio Giacomo Matteotti e capitanata dal cognato Antonio Zolesio, (il comandante "Umberto") marito della sorella Natalia. Sulla tessera del Corpo Volontari della Libertà il suo nome di battaglia come staffetta partigiana era "Kiky", ma ufficialmente decise di utilizzare il secondo nome di battesimo, Laura. Prese parte a numerose azioni partigiane, fra cui la liberazione di venti prigionieri ebrei dal campo di Calvari.
Terminata la guerra, Laura Wronowski intraprese la carriera giornalistica, diventando professionista nel 1951. Si sposò con Massimo Fabbri e quando nacque il figlio Maurizio, decise di lasciare il lavoro. In seguito ha testimoniato a lungo ai giovani la sua esperienza di partigiana e il valore della memoria con incontri nelle scuole.
Nel 2016 Laura Wronowski è stata insignita dal Ministero della Difesa della Medaglia di Liberazione, in occasione del 70º anniversario della Liberazione. Nel 2018 ha ricevuto il Premio nazionale "Renato Benedetto Fabrizi" per l'impegno profuso nella difesa della libertà nazionale durante gli anni della sua giovinezza. Sempre nel 2018 ha ricevuto l'Ambrogino d'oro del Comune di Milano.
Era nata il 1° gennaio 1924 a Milano da Casimiro Wronowski de Topòr, giornalista del "Corriere della Sera", e da Nella Titta, la cui sorella Velia era la moglie del deputato socialista Giacomo Matteotti. L'assassinio di Matteotti ad opera dei sicari fascisti il 10 giugno del 1924 segna drammaticamente l'esistenza della famiglia. La fascistizzazione del “Corriere della Sera”, che nel novembre del 1925 portò all'estromissione di Luigi Albertini dalla direzione del giornale, determinò le dimissioni di diverse personalità antifasciste che collaboravano alla testata, tra cui il padre di Laura. La famiglia fu quindi costretta dalle peggiorate condizioni economiche a trasferirsi in Liguria, dove accolse anche i figli di Matteotti e visse una situazione di assillante controllo poliziesco. L'8 settembre del 1943 Laura Wronowski scelse la Resistenza.
Il 9 settembre del 1943 Laura salì per la prima volta in Valfontabuona, in provincia di Genova, in bicicletta. Fu lei, infatti, ad essere incaricata a salire sulle montagne per scegliere una località che garantisse un minimo di sicurezza, e verificare anche la disponibilità dei contadini del posto. Iniziò così la "sua" Resistenza, che durò 18 mesi, tra le paure di una giovane donna e il pensiero di quello che la vita le avrebbe riservato. La sua prima azione fu quella di consegnare al partigiano "Paolino" - (un giovane macellaio, che faceva anche gli scarponi, ma che in quelle circostanze, aveva il ruolo di filtrare l'entrata di nuovi elementi nella formazione partigiana) - una mezza banconota da 2 lire; Paolino aveva l'altra metà, in segno di riconoscimento. Laura fu quindi la prima ad arrivare in Valfontanabuona, proprio perché aveva il compito di valutare i luoghi e comprendere le possibilità di accoglienza della formazione. Qui rimase un paio di giorni da sola, ospitata da una famiglia di contadini e poi piano piano si aggiunsero altri componenti della futura formazione di Giustizia e Libertà. Con il nome di battaglia “Kiki”, Laura divenne quindi la pioniera della formazione Giustizia e Libertà, dove all'inizio svolgeva compiti di staffetta informatrice e poi anche infermiera tuttofare.
Nel dicembre del 1943 Antonio Zolezio - marito della sorella Natalia e quindi cognato di Laura - venne inviato in Valfontanabuona, dove insieme a PierLorenzo Wronowski (fratello di Laura), Giulio Bertonelli ("Balbi"), i cugini genovesi Gaetano e Edoardo Basevi, Giulio Bottari ("Avvocato Rocca"), e altri azionisti, organizzò un reparto di Giustizia e Libertà, del quale divenne comandante. Ai primi di marzo del 1944, venne poi costituita la Brigata Matteotti di cui Laura ne entrò a far parte all'interno della formazione "Antonio Lanfranconi".
Tra il giugno e il luglio del 1944 vi fu la prima vera azione da parte di Laura, la liberazione del campo di concentramento di Calvari. Il campo, situato presso la borgata di Calvari, precisamente nella località Piani di Coreglia, nel comune di San Colombano Certenoli, in provincia di Genova, era stato denominato "Campo 52". Era un campo per internati civili, che all'inizio accolse prigionieri inglesi, neozelandesi e africani e successivamente anche ebrei. Fu un episodio non cruento, senza spargimento di sangue. La Brigata, era venuta a sapere che nel campo, in quel periodo, erano ospitate circa una trentina di persone, tutti ebrei di mezza età. Il comandante studiò bene come procedere, anche con l'aiuto di due guardie del campo.
Solo dopo mesi e mesi di vita partigiana Laura riuscì a rivedere la madre, mentre il padre era stato arrestato in seguito ad una spiata (la madre non venne arrestata perché affetta da flebite) e portato nella "Casa dello Studente" di Genova, che era divenuta la principale sede della Gestapo e nelle sue sale si perpetravano perpetrate le peggiori atrocità. All'approssimarsi della Liberazione, comprendendo che ormai si stava per concludere quella dura esperienza, chiese al comandante Zolesio se poteva scendere anche lei a Genova, perché voleva essere presente a quell'avvenimento.
La sua vicenda è stata raccontata dalla giornalista Zita Dazzi nel libro 'Con l'anima di traverso. La storia di resistenza e libertà di Laura Wronowski' (Solferino, 2019).