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Davigo: "I reati dei colletti bianchi? Scritti per non farli andare in carcere"

Piercamillo Davigo (Fotogramma)
Piercamillo Davigo (Fotogramma)
13 luglio 2016 | 13.05
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"La cosa grave in Italia è che i reati dei colletti bianchi sono scritti in modo tale da non consentire che vadano in carcere". Lo ha detto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Piercamillo Davigo durante il programma ‘Siamo Noi - Lungo le strade della Misericordia’ su Tv2000 dedicato al tema delle carceri.

"Il settimo comandamento 'non rubare' - ha sottolineato Davigo - può essere declinato con il furto o con l’appropriazione indebita. Il furto è un reato tipico della delinquenza comune, l’appropriazione indebita è un reato commesso solitamente da un colletto bianco. E’ praticamente impossibile commettere un furto semplice, quasi sempre è aggravato e per questo sono consentiti l’arresto e la detenzione. Per l’appropriazione indebita non è consentita la custodia in carcere".

"I reati dei soggetti che riempiono le carceri - ha aggiunto Davigo - sono facili da commettere ma anche facili da scoprire e reprimere. E’ invece molto più difficile fare un processo per falso in bilancio che avere un processo per furto d’auto".

"Negli ultimi decenni nell’Occidente - ha proseguito Davigo - la classe media si è sempre più assottigliata, c’è stato un impoverimento della fascia bassa e un arricchimento vergognoso delle posizioni di vertice. Una volta un amministratore, quando guadagnava tanto, percepiva dieci volte il salario dei suoi operai, oggi guadagna cento volte di più. Normalmente negli altri Paesi rubano i poveri e non i ricchi perché non hanno bisogno di rubare. In Italia invece rubano anche i ricchi".

"Sono convinto - ha concluso Davigo - che la maggior parte degli italiani non sono ladri ma derubati. Gli elettori danno l’idea di essersi rassegnati. Negli anni ’90 c’era indignazione, oggi vince la rassegnazione".

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