Da gennaio se ne sono perse le tracce dopo l'uscita della bozza e le polemiche politiche su restrizioni e obblighi. Le preoccupazioni di Bassetti, Rezza e Andreoni. Vaia conferma che è pronto
Che fine ha fatto il nuovo Piano pandemico 2024-2028? Nessuno lo sa o meglio c'è, è pronto, ma è ancora in un cassetto. La storia dell'atteso documento che deve mettere in sicurezza l'Italia in caso di una nuova pandemia è molto incidentata. Il piano è stato elaborato dalla direzione Prevenzione del ministero della Salute, guidata da Francesco Vaia, e presentato a gennaio scorso almeno in una prima bozza alle Regioni - per poi siglare l'accordo in Conferenza Stato-Regioni - ma da quel momento, con le polemiche politiche sopraggiunte, è finito in un limbo. Intanto dal Covid siamo passati all'influenza aviaria H5N1 che ha ricominciato a spaventare, con i focolai negli allevamenti Usa.
La bozza del piano pubblicata sui media ha suscitato le critiche di una parte della maggioranza al Governo - con interrogazioni al ministro della Salute Orazio Schillaci - per la conferma delle misure di restrizione in caso di pandemia, come previsto da ogni Piano pandemico. Un incubo per chi aveva visto come fumo negli occhi i Dpcm del 2020 varati dall'allora premier Conte per mettere in sicurezza l'Italia alle prese con il Covid. Proprio a fine gennaio, è Schillaci a dover rispondere ad un'interrogazione del senatore della Lega Claudio Borghi sulla revisione degli indirizzi in vista dell'adozione del Piano pandemico per il periodo 2024-2028 e sulla discontinuità del piano rispetto al precedente. "Sento di dover precisare che, per affrontare un patogeno ignoto con un tasso altissimo di mortalità, potrebbe essere necessario adottare misure restrittive che dovranno però essere emanate - aveva precisato il ministro - solo se strettamente indispensabili, rimanere eventualmente in vigore per il tempo strettamente necessario ed essere proporzionate sia alla probabilità sia all'entità dell'evento". Una precisazione per calmare chi nella maggioranza di centro-destra non digerisce le misure restrittive e gli obblighi già vissuti durante il Covid.
Ufficialmente la bozza - come ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, rispondendo a fine gennaio in Commissione Affari sociali alla Camera all'interrogazione presentata dal M5S - è "ancora in fase istruttoria con il Coordinamento tecnico della Commissione Salute, Area Prevenzione e Sanità pubblica, anche al fine di adeguare il testo alle osservazioni regionali", e "sono in corso di svolgimento riunioni con i referenti regionali e con rappresentanti del ministero dell'Economia e delle Finanze, competente per gli aspetti finanziari".
"Il nostro Piano pandemico è stato apprezzato da tutta la comunità scientifica, non c'è un collega - anche chi non mi ama troppo - che non l'ha apprezzato. Ed è stato condiviso sostanzialmente anche dalle Regioni. C'è stata qualche osservazione che abbiamo ripreso, per cui il piano è pronto e verrà approvato. Ci sono dei principi che rispettano la libertà individuale, non è previsto l'obbligo vaccinale ed è prevista la volontarietà di accesso al vaccino. C'è la responsabilizzazione del cittadino, se vogliamo imporre non andiamo da nessuna parte". Lo ha detto il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Francesco Vaia, ospite dell'evento 'Siamo pronti alla prossima pandemia?' al Festival dell'Economia di Trento. "Deve essere approvato, perché mai più dobbiamo farci trovare impreparat i", ha rimarcato.
Gli esperti sono preoccupati. Le parole di Bassetti, Rezza e Andreoni
"Serve subito un Piano pandemico nuovo e aggiornato per l'Italia, per non dover rincorrere la prossima pandemia. Perché se dovesse essere che i casi di aviaria si moltiplicassero e ci fosse un contagio interumano, dobbiamo avere una cernita dei posti letto dove ricoverare le persone", dichiara all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova - Serve un piano da dare alle Regioni e non dobbiamo commettere l'errore commesso nel 2020 con un Piano pandemico non aggiornato. Sarebbe bene riprendere in mano il Piano pandemico elaborato dal direttore della Prevenzione Francesco Vaia del ministero della Salute e mandarlo subito alle Regioni".
Secondo l'epidemiologo Gianni Rezza, ex Dg Prevenzione del ministero della Salute, oggi docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. "un Piano pandemico aggiornato serve, ma deve essere finanziato bene. Va fatta una stima dei fabbisogni rispetto ad una emergenza sanitaria, ad esempio l'acquisto dei vaccini prepandemici. Quando ero direttore della Prevenzione avevamo già opzionato quello prepandemico influenzale H5N1. E' chiaro che oggi il riferimento è l'aviaria H5N1, ma basta isolare il virus circolante e vedere se ha mutazioni, che non sembra avere, e il vaccino che abbiamo si può aggiornare. Non è come fare un vaccino nuovo contro una malattia X. Serve però avere un Piano pandemico pronto e 'vivo'". E aggiunge: "Le polemiche sugli obblighi, dalle zone rosse alla vaccinazione di massa, con le paure della politica, che ci sono state quando uscirono le bozze del Piano pandemico a novembre - ricorda - si possono superare. Basta infatti non prevedere provvedimenti che poi saranno presi dal Governo. I tecnici indicano le misure, ma poi se fare un Dpcm o un altro lo decide il Governo".
"Quello su cui stanno lavorando tutti i Paesi è la preparazione ad una prossima pandemia, a prescindere dal virus H5N1 che oggi ci allarma. Un Piano pandemico nazionale aggiornato è quindi imprescindibile e serve subito, perché è la guida che il Paese si dà per affrontare al meglio un'emergenza, gli interventi da fare, come organizzare la rete ospedaliera. Solo per fare alcuni esempi. Ma non è che l'Italia può muoversi da sola, ci sono regole da seguire in un contesto - l'abbiamo visto con il Covid - in cui nessuno può fare da solo. C'è l'Oms che fornisce le linee guida e i Paesi le seguono perché una pandemia riguarda tutti. La politica deve rimanere fuori da questo processo e non metterci bocca, lasciar lavorare i tecnici, gli organismi sanitari internazionali, che stabiliscono le misure da prendere". Lo afferma Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive, e professore ordinario all'università Tor Vergata di Roma.