I dati da uno studio condotto da Fiaso in 6 grandi ospedali: per uno su 3 infezione scoperta con tampone pre-ricovero
Il 34% dei pazienti positivi ricoverati, non è malato Covid. Ovvero, non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid, ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie ed è risultato positivo al tampone pre-ricovero. I dati emergono da uno studio condotto da Fiaso sui ricoveri di 6 grandi aziende ospedaliere e sanitarie in Italia, secondo cui un paziente su tre, sia pur con infezione accertata al coronavirus, viene ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori.
Lo studio ha coinvolto Asst Spedali civili di Brescia, Irccs ospedale Policlinico San Martino di Genova, Irccs Aou di Bologna, Policlinico Tor Vergata, ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino e Policlinico di Bari, per un totale di 550 pazienti ricoverati nelle aree Covid delle sei strutture: un campione pari al 4% del totale dei ricoverati negli ospedali italiani. La rilevazione è stata effettuata il 5 gennaio. Dei 550 pazienti monitorati, 363 (il 66%) sono ospedalizzati con diagnosi da infezione polmonare, mentre 187 (il 34%) non manifestano segni clinici, radiografici e laboratoristici di interessamento polmonare: ovvero sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus.
E inoltre, i pazienti ricoverati per Covid sono molto più anziani, con un'età di 69 anni, mentre i contagiati privi di sintomi e ricoverati per altre patologie hanno in media 56 anni. Tra i primi risulta vaccinato con un ciclo completo di tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi solo il 14%, di contro tra gli altri è vaccinato con tre o due dosi da meno di 4 mesi il 27%. In entrambi i gruppi c’è una preponderanza di soggetti non vaccinati o che non hanno ancora fatto la dose booster.
La diagnosi da infezione da Sars-Cov-2, per il 34%, è dunque occasionale. Per la stragrande maggioranza di loro si tratta di donne in gravidanza che necessitano di assistenza ostetrica e ginecologica. Il 33%, invece, è composto da pazienti che hanno subito uno scompenso della condizione internistica derivante da diabete o altre malattie metaboliche, da patologie cardiovascolari, neurologiche, oncologiche o broncopneumopatie croniche. Un’altra quota, pari all’8%, riguarda pazienti con ischemie, ictus, emorragie cerebrali o infarti. Un altro 8%, invece, deve sottoporsi a un intervento chirurgico urgente e indifferibile pur se positivo al Covid. C’è inoltre una parte, complessivamente il 6% del totale, di pazienti che arrivano al pronto soccorso a causa di incidenti e richiedono assistenza per vari traumi e fratture.
"Ci aspettiamo di dover far fronte a un numero sempre più ampio, vista l’ampia circolazione e l’elevata contagiosità del virus, dei ricoveri per patologie non Covid in pazienti che, però, hanno l’infezione - afferma il presidente Fiaso, Giovanni Migliore - Va riprogrammata l’idea dell’assistenza creando non solo reparti Covid e no Covid, ma è necessario realizzare nuove strutture polispecialistiche in cui sia garantita l’assistenza specialistica cardiologica, neurologica, ortopedica in pazienti che possono presentare l’infezione da Sars-Cov-2. Occorre pensare a reparti Covid per il cardiotoracico, per la chirurgia multispecialistica. Per l’ostetricia già in molti ospedali sono state realizzate aree Covid. A Brescia e Bari esistono anche degli ambulatori per la dialisi di pazienti positivi. Bisogna riprogrammare sulla base delle nuove esigenze l’assistenza sanitaria".
"Eva Colombo, direttore generale della Asl di Vercelli e vicepresidente della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere), intervenuta su Cusano Italia Tv, sottolinea poi che "nella settimana tra il 28 dicembre e il 3 gennaio, abbiamo avuto un incremento dell’86% di pazienti al di sotto dei 18 anni, che sono risultati positivi. Questa è una cosa piuttosto grave. Nei 4 ospedali pediatrici sentinella il numero di bambini ricoverati è passato da 76 a 123, di cui il 76% è sotto i 4 anni, quindi in una fascia d’età non vaccinabile". "Noi come Fiaso crediamo fermamente - aggiunge - che bisogna accelerare la campagna vaccinale in età pediatrica".