A illustrarli in aula durante il processo per la morte del ricercatore è stato il Procuratore aggiunto Sergio Colaiocco: "Stretta ragnatela attorno a Giulio"
Sono dieci i punti che 'inchiodano' i quattro 007 egiziani accusati del sequestro, tortura ed omicidio di Giulio Regeni. A illustrarli oggi in aula è stato il Procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, davanti ai giudici della Corte d’Assise nel processo per la morte del ricercatore friulano nel 2016, chiedendo anche di acquisire gli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta.
Tra i dieci elementi probatori definiti "decisivi" a carico degli imputati ci sono i video di sorveglianza della fermata della metropolitana del Cairo dove Giulio venne rapito, in cui mancano proprio i dieci minuti in cui il ricercatore friulano fu prelevato; il computer portatile di Regeni, con all’interno una "miniera di dati’" che hanno fornito elementi utili sul movente, così come i tabulati telefonici. Infine ci sono i tentativi di depistaggio da parte delle autorità egiziane, dal movente sessuale, alla rapina e quello "più grave", il ritrovamento dei documenti del giovane in una abitazione collegata ad una banda di criminali poi uccisa dalle forze dell’ordine egiziane.
"Il quadro complessivo che è emerso è quello di una ragnatela che piano piano, tra il settembre del 2015 ed il 25 gennaio del 2016, si è stretta attorno a Regeni da parte degli imputati. Ragnatela creata sia attraverso l'acquisizione del passaporto a sua insaputa, perquisizioni in casa in sua assenza, pedinamenti, fotografie e video, sia attraverso le persone 'amiche' che Regeni frequentava le quali riferivano, in tempo reale, agli imputati dei loro incontri con l'italiano", ha detto in aula il procuratore aggiunto di Roma, illustrando la lista dei testimoni da ascoltare nel procedimento che vede imputati quattro 007 egiziani.
"A seguito di questa attività gli imputati si sono erroneamente conviti che Regeni fosse una spia inglese, mandata per fornire finanziamenti i sindacati vicini ai Fratelli musulmani", ha aggiunto Colaiocco. Fra la lista dei testimoni depositata compaiono tra gli altri i nomi del presidente della Repubblica egiziana, Abdel Fattah al-Sisi, l'ex premier Matteo Renzi e l'ex ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, Marco Minniti, ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, tre capi dei servizi segreti che si sono succeduti nel tempo e l'allora segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni.
"Lo diciamo sin da ora: servirà un proficuo lavoro del Ministero degli Esteri che dovrà suscitare la collaborazione delle autorità egiziane. Solo la polizia egiziana, infatti, può notificare gli atti e dare il via libera per ascoltare a processo i 27 testimoni inseriti nella nostra lista e che vivono in Egitto. Questa collaborazione sarà fondamentale per una compiuta ed esaustiva ricostruzione dei fatti", ha detto in aula Colaiocco.