Il legale Sgrò: "Scambio tra due persone che parlano di documenti su Emanuela, sappiamo nome e cognome, sono vive e vegete"
Uno "scambio di messaggi tra due persone molto vicine al Papa nel 2014, due persone che avevano un rapporto diretto e personale con lui, che interagivano costantemente con lui. Persone a lui molto vicine". In questi messaggi le due persone "parlavano della presenza di documenti che riguardavano Emanuela, come di un problema che andava risolto, si faceva riferimento a tombaroli che erano coinvolti in questa cosa, alla presenza di persone a conoscenza di quello di cui stanno parlando, come il cardinale Abril, e si fa il nome del capo della gendarmeria Vaticana, Domenico Giani, si dice di non rivolgersi a lui". A rivelarlo, ospite di Porta a porta, è Laura Sgrò, avvocato della famiglia Orlandi, che racconta di una chat su WhatsApp, risalente al 2014, "due anni prima dell'apertura delle tombe del Teutonico", una cinquantina di messaggi, che intende consegnare al promotore vaticano, Alessandro Diddi, e sui quali quale chiede un confronto, per capire se siano scambi reali, trattandosi di screenshot.
"E' un dialogo a due - spiega Sgrò, - si parla di documenti riferibili a Emanuela, di una presunta tomba, e di tombaroli che vanno pagati, si capisce che non vogliono coinvolgere il capo della gendarmeria, e compare il nome di Abril. Abbiamo anche qualche audio di una delle due persone, forse anche di tutti e due. Noi sappiamo nome e cognome, le due persone sono vive e vegete, ma non so se lavorano ancora in Vaticano. Chiediamo che promotore di giustizia che ci chiami quanto prima per fornire loro non solo questo pezzo del puzzle ma anche altri pezzi".
"Il nostro desiderio -conclude- è che si faccia una inchiesta vera e attenta, anche se la magistratura vaticana non ha i mezzi, bisogna anche essere concreti, e neanche l'esperienza, si faccia anche una indagine interna".