Vissani: "Scriverò a Draghi". La Mantia: "Mi cadono le braccia, non mi aspetto più niente di buono"
Rabbia e disillusione. Si può riassumere così lo stato d'animo di chef e ristoratori riguardo alle nuove ipotesi di restrizioni per i ristoranti, anche a pranzo nei weekend in zona gialla.
Non usa mezzi termini lo chef Gianfranco Vissani. "Siamo messi con il culo per terra, anzi: con il culo sulla brace!" commenta Vissani all'Adnkronos e annuncia: "Scriverò una lettera aperta di protesta indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi".
"Capisco che contrastare il contagio del Covid è la preoccupazione principale; ma noi siamo di fatto chiusi da cinque, sei mesi e non arrivano neanche gli aiuti, perché non li daranno a chi ha debiti o pendenze fiscali e passeranno all'Agenzia delle Entrate - spiega lo chef - Ecco come funziona lo Stato italiano! E neanche si può fare causa allo Stato... Si devono vergognare".
Si chiede Vissani: "Possibile che anche una persona straordinaria come Draghi pensi di chiudere pure a mezzogiorno i ristoranti, che sono il luogo più scuro che possa esserci in Italia? Sono veramente desolato, ci troviamo in una situazione pietosa, che riguarda i grandi chef come i piccoli ristoratori, i ristoranti a conduzione familiare: come si fa a non capirlo? Per quanto tempo possiamo ancora andare avanti? Il rischio è di rimanere tutti con le mani in mano e il culo per terra, anzi con il culo sulla brace...".
"Disilluso" lo chef Filippo La Mantia. "Oramai non mi aspetto più nulla di buono - dice all'Adnkronos - sono completamente disilluso e il mio non è pessimismo, è presa visione della realtà".
"Fino a quando non si sarà vaccinata almeno la metà degli italiani, di cosa parliamo? Non possiamo programmare nulla, non possiamo costruire nessun futuro, ma soltanto vivere alla giornata, sperando che il giorno dopo non sia peggiore del giorno prima... Mi sono cascate le braccia!", confessa lo chef.
Osserva ancora La Mantia: "Oggi come oggi, possiamo solo adeguarci a quello che altri decidono per noi e di noi. Oramai è da un anno pieno che questa storia continua, segnandoci la vita personale e professionale e cancellando ogni ipotesi plausibile di futuro, costringendoci a vivere solo il presente e per di più sempre con il timore che anziché andare avanti si vada ancora più indietro".
"Si sta scegliendo di condannare a morte un intero settore” commenta Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. E' necessario invertire "la tendenza sui sussidi al settore, basta elemosina e si cominci a elargire sia alle piccole realtà che a quelle più grandi che rischiano ancora di più dal punto di vista occupazionale", sottolinea. "Basterebbe fotocopiare gli interventi di altri Paesi sul settore ristorazione - osserva - dove senza alcuna limitazione è stato riconosciuto agli esercizi una parte rilevante del fatturato corrispondente ai mesi persi, l'alternativa è veder scomparire i ristoranti italiani con buona pace del nostro Made in Italy”.
"In gioco, considerando l'insieme di una filiera iperconnessa che va dalla produzione alla ristorazione, parliamo di 240.000 posti di lavoro, il rischio è di uscire dall’emergenza sanitaria e non avere le forze per superare un'emergenza economica", conclude Scordamaglia.