Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha qualificato il piano cinese per la fine delle ostilità in Ucraina come "esercizio di propaganda", ma "mi sarei aspettato una reazione diversa" ovvero che "a partire da questa proposta l'Occidente avesse cercato di coinvolgere la Cina in maniera più proattiva nella ricerca di una soluzione al conflitto, facendo leva sui principi che condividiamo". Lo afferma all'Adnkronos il presidente dell'Istituto affari internazionali (Iai), Ferdinando Nelli Feroci, secondo cui "tecnicamente" non si può parlare di un vero e proprio piano di pace dal momento che si tratta sostanzialmente di un' "enunciazione" di 12 principi "molto spesso evocati da parte cinese" e in cui "c'è un po' di tutto".
Mentre alcuni di questi principi sono "condivisibili in ottica occidentale" - dal rispetto della sovranità, dell'indipendenza e dell'integrità territoriale di un Paese fino al no all'uso delle armi nucleari - altri non lo sono, prosegue Nelli Feroce, indicando tra questi la cessazione delle ostilità e delle sanzioni alla Russia.
Secondo il presidente dello Iai, la Cina sarebbe un attore "importantissimo" per la fine della guerra, tuttavia, "con tutte le ambiguità del caso" finora Pechino ha manifestato solidarietà politica a Vladimir Putin. "Per questo suo posizionamento strategico è difficile che si possa proporre come mediatore neutrale - evidenzia - Se la Cina decidesse di fare pressioni su Mosca potrebbe aiutare alla cessazione delle ostilità, ma ad oggi non sono arrivati segnali in tal senso".
Nelli Feroci commenta quindi le recenti frizioni all'interno del G20 emerse alla recente riunione a Bangalore e che, a suo parere, confermano che la Cina, nonostante il cosiddetto piano di pace, "all'atto pratico non di discosta da una linea di sostanziale solidarietà alla Russia". E l'astensione di Pechino all'Assemblea Generale dell'Onu sulla risoluzione per una pace giusta in Ucraina "è un altro segnale che la Cina non ha ancora deciso di scendere in campo in maniera più decisa" per trovare una soluzione.
Secondo l'esperto, Pechino non si aspettava l'invasione russa dell'Ucraina e "non ha interesse" che il conflitto duri a lungo dal momento che è un Paese che "ha bisogno di esportare" e che quindi necessita di "uno scenario internazionale stabile". Questo lascerebbe ipotizzare un "ruolo più attivo" di Pechino per la soluzione della guerra, ma c'è un altro fattore che non va trascurato, secondo il presidente dello Iai, ovvero la competizione con gli Stati Uniti. Tra Pechino e Washington, conclude, c'è una "partita aperta" ed il gigante asiatico, in questa chiave, è tentato di "schierarsi con la Russia alla testa di un fronte antioccidentale".