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Coronavirus, Istat: "Shock economia di dimensioni inimmaginabili"

"Attuale contesto d'incertezza senza precedenti nel dopoguerra"

Foto Fotogramma
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25 marzo 2020 | 16.01
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Il diffondersi della crisi sanitaria connessa all’epidemia di covid-19 ''ha imposto limiti alla circolazione delle merci e delle persone e alle attività produttive sempre più stringenti, e ora tali da determinare uno shock di dimensioni inimmaginabili all’economia internazionale''. ''L'attuale contesto d'incertezza non ha precedenti nel dopoguerra''. Lo scrive l'Istat nella memoria consegnata alla commissione Bilancio del Senato, impegnata nell'esame del decreto legge marzo, che contiene le misure per contrastare gli effetti del coronavirus.

''È immediato ipotizzare che il gap di produzione/valore aggiunto si determinerà in tutta la sua ampiezza nel secondo trimestre, con tutti gli indicatori e le statistiche relative all’economia e al mercato del lavoro che ne registreranno i risultati'', scrive l'Istat.

Le imprese attive, che fanno parte dei settori le cui attività non vengono sospese, sono quasi una su due: poco meno di 2,3 milioni di unità su 4,5 milioni (il 48,7% del totale). Il valore aggiunto generato ammonta a circa due terzi di quello complessivo (circa 512 miliardi di euro).

In termini di unità locali, risulta che l’insieme delle attività rimaste attive includono circa la metà (precisamente il 49,5%) delle quasi 4,8 milioni di unità locali censite nel 2017. In termini di addetti complessivi il primo insieme pesa per quasi il 53%, contando circa 8,8 milioni di occupati, a fronte dei 7,9 milioni che operano nelle unità produttive appartenenti a settori non attivi.

In termini di dimensioni aziendali, le imprese che proseguono la propria attività sono il 50,7% tra le microimprese (quelle con meno di 10 addetti), il 58,7% tra le piccole imprese, il 69,2% tra le medie imprese. Nel segmento delle grandi imprese (quelle con 250 e più addetti), l’incidenza delle aziende che proseguono l’attività è pari al 71,6% per quelle con 250-499 addetti ed al 67,6% per le unità con 500 e più addetti. Infine, la continuità dell’attività coinvolge il 51,2% delle imprese esportatrici e il 48% di quelle non esportatrici.

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