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Coronavirus, 'polvere' di staminali per curare danni ai polmoni

La speranza da una ricerca italiana che consentirebbe la trasformazione dei composti in farmaci iniettabili o inalabili. Università di Pavia: "Effetto terapeutico e funzione rigenerativa sull’apparato respiratorio colpito da Covid"

(Afp)
(Afp)
27 maggio 2020 | 14.08
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La speranza contro Covid-19 passa dalle cellule staminali mesenchimali e dal loro 'secretoma', il pool di sostanze prodotto da queste cellule: si tratta di un cocktail di proteine, lipidi, materiale genetico, citochine, fattori di crescita, chemochine e vescicole extracellulari che, nel loro complesso, mostrano effetti antinfiammatori, rigenerativi e anti-fibrotici che potrebbero contrastare i danni al polmone da Covid-19. Le potenzialità e i risultati ottenuti finora con le cellule mesenchimali e con il loro secretoma saranno discussi durante il convegno digitale organizzato oggi dalla Società italiana di pneumologia con StemNet, Federazione delle associazioni di ricerca delle cellule staminali e il Gruppo italiano staminali mesenchimali (Gism), 'Cellule staminali/stromali mesenchimali: un trattamento possibile per danni polmonari indotti da Covid-19?'.

Se le cellule staminali sono già classificate come un prodotto medicinale, il secretoma non è ancora un farmaco ma, se si confermasse sicuro ed efficace come le cellule staminali da cui deriva, potrebbe diventarlo grazie al processo di trasformazione in polvere frutto della ricerca italiana, che lo rende utilizzabile per somministrazione inalatoria o iniettabile. Il vantaggio è che potrebbe essere prodotto su larga scala a costi accessibili e sarebbe più facilmente disponibile per un elevato numero di pazienti, anche nei paesi in via di sviluppo, dove non ci sono risorse e strutture idonee per la terapia cellulare. "Il secretoma che stiamo studiando è prodotto dalle cellule staminali mesenchimali, che si trovano in vari tessuti fra cui midollo, grasso, cordone ombelicale e anche placenta", spiega Maria Luisa Torre, del Cell Delivery System Lab del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Pavia.

"L’Italia è in prima linea nell’impiego clinico di queste cellule in Covid-19 perché possono avere un effetto terapeutico e una funzione rigenerativa sull’apparato respiratorio colpito da Covid, proprio attraverso il mix di sostanze che producono, un cocktail di citochine, chemochine, fattori di crescita, e vescicole", continua Torre.

"Il secretoma può essere prodotto in laboratorio e, anche in assenza delle cellule, potrebbe regolare la risposta immunitaria e infiammatoria, stimolare i tessuti e ridurre la fibrosi polmonare che deriva dall’infezione - afferma Elia Bari, giovane ricercatore del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università di Pavia, ideatore della nuova tecnologia e autore dello studio pubblicato su 'Cells' - Con la tecnologia tutta italiana che abbiamo messo a punto è possibile anche trasformarlo in una polvere liofilizzata e confezionarlo in fiale come un farmaco. I prototipi di soluzioni iniettabili o inalabili esistono già - aggiunge Elia Bari - ma se il secretoma diventasse farmaco potrebbe essere prodotto su larga scala a costi paragonabili a quelli dei tradizionali farmaci biologici e sarebbe più facilmente disponibile per molti pazienti anche nei Paesi in via di sviluppo dove la terapia cellulare non può essere usata per mancanza di risorse e strutture”.

Gli incoraggianti risultati preclinici e le evidenze di efficacia e sicurezza del secretoma e delle vescicole extracellulari hanno aperto la strada alle sperimentazioni cliniche, che stanno partendo in tutto il mondo reclutando pazienti per varie patologie. Due studi sono già attivi in Cina su volontari sani o con Covid-19, per valutarne sicurezza, nel primo caso, e l'efficacia nel secondo; e anche in Italia sono state avviate sperimentazioni sull’animale che si spera possano arrivare presto in clinica. "Nonostante le ricerche siano ancora limitate, il secretoma sembrerebbe efficace e soprattutto sicuro: non si sono mai osservati effetti collaterali, anche a dosaggi elevati - riprende Torre - per esempio ha un basso rischio di indurre embolie dopo la somministrazione, non ha indotto la comparsa di tumori, e sembra essere immuno-privilegiato proprio come le cellule staminali da cui deriva. In altri termini, può essere impiegato anche un secretoma ottenuto da un soggetto non istocompatibile senza che si attivi una risposta immunitaria".

Intanto StemNet, la Federazione delle associazioni ricerca sulle cellule staminali, si è dichiarata favorevole all’uso clinico di terapie cellulari contro Covid-19. "Non sono completamente chiariti i meccanismi di efficacia e non possiamo affermare con certezza la validità di questo approccio terapeutico, che sembra riconducibile alle attività antinfiammatorie e di protezione del danno ai tessuti", interviene Augusto Pessina, presidente di StemNet e membro del Centro di Ricerca Coordinata StaMeTec dell’Università di Milano.

"Tuttavia, tenuto conto della notevole sicurezza delle cellule staminali/stromali mesenchimali e dei loro prodotti - aggiunge - secretoma e vescicole extracellulari, è auspicabile valutarne un uso clinico mirato in pazienti gravemente compromessi e a rischio della vita, seguendo necessariamente le attuali normative della sperimentazione clinica di fase I/II o all’interno di usi compassionevoli".

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