Ivosidenib blocca enzima Isocitrato deidrogenasi 1 mutato coinvolto in oncogenesi di molte forme cancro
È disponibile in Italia ivosidenib, nuovo trattamento orale a bersaglio molecolare, il primo e unico inibitore potente e selettivo dell'enzima Isocitrato deidrogenasi 1 (Idh1) mutato, coinvolto nel processo di oncogenesi di molti tumori. Il faramco ha ottenuto la designazione di farmaco orfano per 2 indicazioni: in monoterapia, nei pazienti adulti con colangiocarcinoma (Cca) localmente avanzato o metastatico con mutazione Idh1, precedentemente trattati con almeno una linea di terapia sistemica; in associazione con azacitidina, nei pazienti adulti con nuova diagnosi di leucemia mieloide acuta (Lma) con una mutazione Idh1 che non sono idonei per la chemioterapia di induzione standard.
Il Cca - si legge in una nota diffusa da Servier - è un tumore primitivo del fegato, raro e altamente maligno, che origina dai dotti biliari. La sua incidenza è in aumento, ma la diagnosi avviene spesso tardivamente a causa della presenza di sintomi generici e dell’assenza di criteri diagnostici specifici. Il Cca ha un’incidenza stimata di circa 5.400 nuovi casi all'anno in Italia. Circa il 40% dei pazienti ha almeno un'alterazione actionable, ossia potenzialmente trattabile con una terapia mirata. Il 15% ha la mutazione Idh1. Tale condizione ha un impatto prognostico negativo con maggiore aggressività e resistenza alle terapie convenzionali: la sopravvivenza a 5 anni è del 17% negli uomini e al 15% nelle donne.
"La disponibilità di ivosidenib apre nuove prospettive terapeutiche nel trattamento del Cca intraepatico per una sottopopolazione di pazienti con limitate opzioni di cura e bisogni ancora insoddisfatti – afferma Lorenza Rimassa, professore associato di Oncologia medica presso Humanitas University e Irccs Humanitas Research Hospital - L’efficacia del farmaco è stata dimostrata dallo studio ClarIDHy in cui emerge che, nei pazienti trattati con ivosidenib, la sopravvivenza libera da progressione (Pfs) mediana si è attestata a 2,7 mesi, rispetto a 1,4 mesi nel gruppo placebo. La terapia, infatti, ripristina un controllo sulla crescita tumorale, rallentando significativamente la progressione della malattia e stabilizzandola. Questo si traduce in un prolungamento della sopravvivenza e, soprattutto, nel mantenimento di una buona qualità di vita, grazie all'elevata tollerabilità del farmaco”.
La Lma colpisce soprattutto anziani: l'età mediana alla diagnosi di 68 anni e in Italia si stimano oltre 2mila nuovi casi l’anno (incidenza di 3,5 casi ogni 100 mila individui). Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 24%. La neoplasia ematologica aggressiva ha origine nel midollo osseo dove si produce un eccesso di globuli bianchi anomali. Il 6-10% dei casi ha mutazione Idh1, condizione che rende la patologia rara e difficile da trattare.
“La leucemia mieloide acuta è una malattia ematologica insidiosa e ancora complessa da trattare. Tuttavia, per i pazienti adulti con nuova diagnosi e mutazione Idh1, non eleggibili alla chemioterapia di induzione standard, l’approvazione di ivosidenib rappresenta una innovativa opportunità terapeutica – spiega Adriano Venditti, direttore Ematologia presso la Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma - Dallo studio Agile emerge infatti che il 54% dei pazienti trattati con la combinazione di ivosidenib e azacitidina ha mostrato una remissione completa, rispetto al braccio di controllo e un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza globale mediana, che è risultata di 24 mesi per i pazienti trattati con ivosidenib in combinazione con azacitidina, rispetto ai 7,9 mesi osservati nel gruppo trattato con azacitidina e placebo”.
Data l’elevata variabilità genetica di queste 2 neoplasie, risulta fondamentale l’impiego di test di profilazione molecolare, come il Next Generation Sequencing (Ngs) che consente un'analisi dettagliata e simultanea di numerosi geni, consentendo una più adeguata strategia terapeutica.
"L’utilizzo delle tecniche di Ngs è fortemente raccomandato in tutti i casi in cui si debbano determinare diverse alterazioni genomiche, ad esempio, la presenza della mutazione Idh1 è associata a una prognosi ancor più sfavorevole – chiarisce Nicola Normanno, direttore scientifico dell'Istituto Romagnolo per lo Studio dei tumori Irst ‘Dino Amadori’ Irccs - È importante sottolineare che la prognosi dei pazienti con mutazioni di Idh1 può essere profondamente modificata dalla disponibilità di inibitori specifici. Grazie a ivosidenib, infatti, possiamo offrire ai pazienti una terapia target che agisce su un meccanismo molecolare comune a 2 patologie molto diverse tra loro, ampliando significativamente l'orizzonte delle possibilità terapeutiche".
Ivosidenib rappresenta una target therapy altamente innovativa che permette di trattare sia di tumori solidi che di neoplasie ematologiche attraverso un unico meccanismo d'azione. L'impegno di Servier nello sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare, come ivosidenib, sottolinea la determinazione dell'azienda a giocare un ruolo di primo piano nel campo dell'oncologia, segnando l'ingresso del Gruppo nell'oncologia di precisione. "Servier ha fatto della lotta contro il cancro una delle sue priorità, e siamo orgogliosi, ma al contempo consapevoli della grande responsabilità di essere l’unica azienda a sviluppare una franchise terapeutica dedicata alle neoplasie Idh mutate – sottolinea Marie-Georges Besse, direttore Medical Affairs Gruppo Servier in Italia - Il nostro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove terapie è rivolto ai tumori rari e difficili da trattare. Attualmente, sono in corso studi clinici di Fase 3 su differenti indicazioni di ivosidenib, tra cui il condrosarcoma e la sindrome mielodisplastica, con l’obiettivo di offrire ai pazienti nuove opzioni terapeutiche efficaci e rispettose della qualità di vita”.