Meloni in Aula accusa l'ex premier di aver agito a esecutivo caduto, ma fax Farnesina prevede firma un mese prima
Nulla di segreto, tutto stabilito. E non dal 20 gennaio, come si legge nel fax mostrato ieri in Aula da Giorgia Meloni per puntare il dito contro Giuseppe Conte e il suo governo, accusati dalla premier di aver agito alla chetichella sul Mes, ma ancor prima, più di un mese prima.
Spunta un nuovo documento nella guerra a colpi di scartoffie tra la presidente del Consiglio e il suo predecessore. Si tratta di un appunto informativo, su carta stampata della Farnesina e datato 10 dicembre 2020 (il documento), in cui si predispone -si legge- che, "a seguito dell'intesa raggiunta dall'Eurogruppo lo scorso 30 novembre" e che avrebbe avuto "formale luce verde" l'indomani, la firma "sarà apposta dai Rappresentanti permanenti presso l'Unione europea dei Paesi parte degli accordi, a margine del Coreper II del prossimo 27 gennaio", come fatto dall'ambasciatore Maurizio Massari, citato ieri in Aula al Senato sempre dalla premier.
Ma riavvolgiamo il nastro, come si giunse a quel 10 dicembre che figura nel nuovo documento visionato dall'Adnkronos? Il 30 novembre 2020 l'Eurogruppo, presente l'allora ministro dell'Economia e attuale sindaco di Roma Roberto Gualtieri, diede il disco verde alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Il 9 dicembre, quando l'allora premier Conte tenne le sue comunicazioni in Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo chiamato a ratificare l'accordo raggiunto dall'Eurogruppo, venne approvata una risoluzione di maggioranza -allora composta da M5S, Pd e IV- che dava mandato al governo per il via libera alla revisione del Mes.
Una scelta che, per giunta, creò un terremoto interno ai 5 Stelle, con una fronda che a Roma disertò il voto, e quattro europarlamentari grillini -Piernicola Pedicini, Rosa D'Amato, Ignazio Corrao ed Eleonora Evi- che abbandonarono il gruppo pentastellato in segno di dissenso anche per la scelta assunta sul Mes. I vertici, in una riunione di fuoco del 4 dicembre, avevano infatti deciso di opporsi all'attivazione del Mes, ma di non fare ostruzionismo sul pacchetto di riforma. Una decisione sofferta, a cui il Movimento era giunto spaccato: ad avvelenare il clima, anche una lettera di protesta inviata da ben 58 parlamentari anti-Mes. Sulla stessa linea per giunta anche Beppe Grillo, che in quei giorni di fuoco dal suo blog aveva puntato il dito contro il Meccanismo europeo di stabilità, definendolo uno strumento "inutile" e "inadatto". Si era arrivati a parlare, in quelle settimane, di una crisi di governo, che venne poi scongiurata: a far cadere Conte ci pensò, poco più di un mese dopo, Matteo Renzi.