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Fine vita: il suicidio assistito domani al vaglio della Consulta, si può scegliere di morire se non ancorati a supporto meccanico?

I casi dei malati terminali che scelgono di morire in Svizzera - Sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 580 Codice penale

Fine vita: il suicidio assistito domani al vaglio della Consulta, si può scegliere di morire se non ancorati a supporto meccanico?
25 marzo 2025 | 16.22
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Al vaglio della Corte costituzionale, domani in udienza pubblica, giudici relatori Viganò e Antonini, sarà per la quarta volta il suicidio assistito. I casi dibattuti sono quelli di una donna ed un uomo, la prima paziente oncologica, il secondo malato di Parkinson, accompagnati in Svizzera a morire da Marco Cappato, l'attivista dell'Associazione Luca Coscioni a cui si erano rivolti e a cui avevano chiesto aiuto per accedere al suicidio assistito all'estero in quanto, pur essendo malati terminali, in Italia non ne avevano diritto. I due non erano infatti tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale classicamente intesi, pertanto erano privi per il nostro Paese di uno dei requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale 242\2019 sul caso Cappato-Dj Fabo.

Il caso che approda domani a Palazzo della Consulta nasce dall'autodenuncia di disobbedienza civile sporta da Marco Cappato, a cui si erano rivolti i due malati. L'attivista presentandosi presso i carabinieri di Milano, Stazione di Milano Duomo Centrale, ad agosto e a novembre 2022 aveva infatti dichiarato di averli accompagnati in Svizzera, dove erano deceduti in apposita struttura autorizzata. Nel settembre 2023 la procura di Milano aveva chiesto l'archiviazione del caso. Ma il gip del tribunale di Milano, il 21 giugno 2024, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del Codice penale.

Il Codice punisce difatti con la reclusione da 5 a 12 anni "chi agevola l’altrui suicidio, nella forma di aiuto al suicidio medicalmente assistito di persona non tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili e che abbia manifestato la propria decisione – formatasi in modo libero e consapevole – di porre fine alla propria vita". Secondo il Tribunale di Milano, potrebbero essere violati gli articoli 2, 3, 13, 32 e 117 della Costituzione, in riferimento agli articoli 8 e 14 della Cedu.

Numerosi i punti che saranno dibattuti dai difensori delle parti (per Marco Cappato gli avvocati Tullio Padovani, Maria Elisa D'Amico, Filomena Gallo; per M.D. e altri gli avvocati Carmelo Domenico Leotta e Mario Esposito; per lo Stato, Ruggero Di Martino e Gianna Maria De Socio). In particolare, l'ipotesi di sussistenza di tutti i requisiti per l’accesso al suicidio assistito stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019 a eccezione di quello della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Sarà anche discussa la presunta irragionevole disparità di trattamento in quei casi, come quello della donna, in cui il paziente non abbia in corso un trattamento di sostegno vitale in quanto ritenuto futile o inutile, presunta discriminazione dovuta a una condizione personale del tutto accidentale in quanto dipendente dalla tipologia della malattia.

Al vaglio, anche il dibattito sulla violazione del diritto all’autodeterminazione nelle scelte terapeutiche; la lesione della dignità della persona; l'ingiustificata interferenza nel diritto convenzionale al rispetto della vita privata e familiare, con riferimento agli articoli 2, 3, 13, 32 e 117 della Costituzione; ed agli articoli 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamenta. (di Roberta Lanzara)

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