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Dalla difesa europea a Ucraina e dazi, ecco il discorso di Meloni al Senato

Il testo integrale dell'intervento della premier in vista del Consiglio Europeo

La premier Giorgia Meloni oggi in Senato - Fotogramma /Ipa
La premier Giorgia Meloni oggi in Senato - Fotogramma /Ipa
18 marzo 2025 | 17.24
LETTURA: 27 minuti

Dalla difesa europea all'Ucraina e ai dazi. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta al Senato per le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo di Bruxelles, in programma il 20 e 21 marzo. Di seguito, il testo con l'intervento integrale della premier.

"Ci ritroviamo alla vigilia di un Consiglio Europeo che cade in un momento estremamente complesso per le dinamiche globali, e allo stesso tempo decisivo per il destino dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente. Vengo in quest’aula con la speranza che il dibattito odierno ci trovi tutti consapevoli del tempo grave che stiamo attraversando, e che si possa, pur nel rispetto delle posizioni di ciascuno, provare a ragionare insieme di quali siano le scelte migliori per la nostra Nazione, con il senso di realtà e di responsabilità che si deve a momenti come questi".

"Il Consiglio Europeo di marzo, tradizionalmente dedicato ai temi economici e della competitività, si arricchisce inevitabilmente - come tutti gli ultimi - dei grandi temi geopolitici e geostrategici che sono, ormai da tempo, una priorità inevitabile".

"Tema centrale del Consiglio Europeo sarà certamente il rilancio e il rafforzamento della competitività. Competitività potrebbe sembrare un fumoso concetto astratto, ma non lo è. Riguarda i nostri sistemi produttivi, certo, ma determina anche anche la possibilità per i nostri figli di trovare lavori qualificati e ben remunerati senza dover lasciare la propria nazione. Competitività vuol dire per gli Stati nazionali poter offrire servizi sociali adeguati e sempre migliori ai cittadini. Competitività significa, ⁠allargando la prospettiva, disporre dei mezzi e delle risorse necessari non solo a non dipendere da altri ma anche a poter difendere i nostri valori e la nostra visione a livello internazionale".

"In sostanza, ciò che dobbiamo tutti chiederci è: un’Europa desertificata da un punto di vista industriale, e in ritardo nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie, è destinata ad essere più o meno ascoltata?". "Ecco la sintesi delle ragioni per le quali è importante che questo Consiglio Europeo segni dei passi avanti concreti su alcuni ambiti necessari per affrontare e vincere la sfida della competizione internazionale, e non condannarci, invece, al ruolo di gregario". "Da parte mia, intendo insistere con forza per proseguire in quel cambio di paradigma che l’Italia chiede da tempo e la Commissione ha cominciato a delineare attraverso la “Bussola per la Competitività”, ma che ora non può più rimanere sulla carta, e deve invece essere trasformato in atti concreti. L’obiettivo, principalmente, deve essere quello di assicurare un percorso di decarbonizzazione sostenibile per le nostre imprese e i nostri cittadini, così da risolvere il divario nell’innovazione che l’Europa sconta, e ridurre le nostre troppe, e troppo pericolose, dipendenze strategiche".

"Continueremo ad insistere per una politica industriale efficace, che sappia combinare gli obiettivi ambientali con la competitività, rinunciando agli eccessi ideologici che abbiamo purtroppo visto e denunciato in passato. Il Clean Industrial Deal, presentato dalla Commissione, va in questa direzione, ma sia chiaro che intendiamo impedire che si trasformi in un nuovo Green Deal con un nome diverso".

"Per farlo, chiediamo azioni concrete. La prima tra queste non può non riguardare il settore dell’auto, un settore industriale strategico per l'Europa che non può essere abbandonato al proprio destino. È per questo che insieme alla Repubblica Ceca abbiamo depositato un non-paper, ovvero un documento di lavoro, che oggi è sostenuto da numerosi Stati membri. Anche grazie a questo nostro costante lavoro il 5 marzo scorso la Commissione ha presentato il piano industriale per il settore automotive. Il Piano contiene alcuni primi sviluppi positivi, come la prospettiva di una soluzione – seppur temporanea – per il tema delle multe per i produttori non in linea con gli obiettivi di quota di mercato di veicoli, e l’anticipo della revisione degli obiettivi in termini di emissioni. Tutte materie che, appunto, sono oggetto del nostro non paper e che lavoriamo perché siano anche nelle conclusioni di questo Consiglio".

"Occorrerà insistere, nell’ambito della più generale revisione della normativa preannunciata dalla Commissione per la seconda parte di quest’anno, affinché venga pienamente applicato il principio di neutralità tecnologica, ad esempio ricomprendendo i biocarburanti – oltre a e-fuels e idrogeno – tra le tecnologie utili ai fini della de carbonizzazione e affinché venga prestata la dovuta attenzione al settore dei veicoli pesanti, che finora è stato colpevolmente ignorato. Importante l’annuncio di poche ore fa, da parte della Commissione, di voler intervenire, come richiesto dall’Italia, sugli effetti distorsivi del CBAM, il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, che tanto hanno danneggiato la siderurgia europea".

"Tra gli strumenti concreti che possono dare respiro ai settori produttivi, l’Italia sostiene con particolare forza la semplificazione e la riduzione degli adempimenti amministrativi. Sarò chiara: se l’Europa pensa di sopravvivere a questa fase continuando a pretendere di iper regolamentare tutto, invece di liberare le tante energie delle quali dispone, semplicemente non sopravviverà. È una nuova visione che serve, non perseverare negli errori fatti fin qui. E, soprattutto, è la politica che deve tracciare la rotta, non la burocrazia. Sosteniamo, quindi, l’azione di semplificazione avviata dalla Commissione europea con i pacchetti Omnibus, il primo dei quali è stato presentato pochi giorni fa ed è dedicato alla semplificazione delle regole di rendicontazione e due diligence per la sostenibilità. Siamo però convinti che l’azione di semplificazione non debba arrivare solo a valle, ma intervenire a monte, in tutte le nuove proposte di legislazione europea".

"Condivideremo per questo l’invito alla Commissione, e con lei ai co-legislatori, a lavorare per raggiungere l'obiettivo di ridurre il costo di tutti gli oneri amministrativi almeno del 25% per tutti, e almeno del 35% per le piccole e medie imprese. Faremo tutto quello che possiamo per impedire che l’Europa venga soffocata dalle sue stesse regole". "Altro tassello fondamentale di una seria strategia industriale europea è la sicurezza energetica. Serve, su questo, un’azione comune europea. Abbiamo fatto importanti progressi negli ultimi anni, ma molto resta ancora da fare per superare le nostre vulnerabilità: i prezzi dell’energia troppo alti sono un freno alla nostra competitività, e per questo servono misure immediate e strutturali".

"Il Piano d’Azione per l’energia accessibile, presentato contestualmente al Clean Industrial Deal, individua misure urgenti per la volatilità dei prezzi dell’energia e per aumentare la resilienza del sistema energetico nell'UE. Ma servono anche misure a lungo termine. Tra queste, la riforma del mercato elettrico europeo, adottata a luglio scorso, rappresenta un importante passo in avanti per un mercato elettrico europeo più resiliente e flessibile, capace di garantire stabilità e prevedibilità dei prezzi. Ma sarà fondamentale assicurarne un’attuazione veloce".

"Occorre proseguire nel cammino avviato per migliorare la nostra efficienza energetica e rafforzare sempre di più le nostre interconnessioni. L’Italia, da questo punto di vista, si è candidata a diventare l’hub di approvvigionamento e distribuzione in grado di far incontrare l’offerta, esistente e potenziale, del Continente africano, e la domanda europea di energia. È un’ambizione alla quale diamo voce anche attraverso il Piano Mattei, che ha tra i suoi pilastri proprio l’energia e che il Governo sta lavorando per “europeizzare” e “internazionalizzare” sempre di più, rafforzando sia la sinergia con il Global Gateway dell'UE che con la Partnership for Global Infrastructure and Investment, lanciata in ambito G7".

"Un ulteriore punto di cui ci occuperemo al Consiglio Europeo sarà il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali, un passo decisivo e allo stesso tempo una necessità improcrastinabile per dotare l’Europa di un’infrastruttura finanziaria capace di stimolare quegli investimenti privati di cui non possiamo più fare a meno se vogliamo sostenere la competitività. Non possiamo più fingere di non vedere come ogni anno oltre 300 miliardi di euro di liquidità europea finiscano in investimenti extra UE. Sono investimenti che abbiamo la possibilità, e il dovere, di intercettare. Il Vertice Euro, in agenda per giovedì pomeriggio, ci darà l’occasione di approfondire questi temi". "Nel corso del Consiglio europeo terremo anche un primo scambio di opinioni sulla revisione e sulla struttura del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, ovvero il bilancio dell’Unione. Un bilancio pluriennale nel quale l’Italia intende indirizzare meglio le risorse, individuare modalità innovative e sempre più efficaci per finanziare le nuove priorità strategiche, difendere al meglio le voci riguardanti le politiche per la coesione e le politiche agricole che, grazie anche alle riforme effettuate dal nostro governo, oggi possono raggiungere performance sempre migliori".

"Non è formalmente all’ordine del Consiglio Europeo il tema dei dazi e dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, ma ovviamente è punto da tenere in grande considerazione, soprattutto per una Nazione esportatrice e da molti anni in surplus commerciale come l’Italia. Come sapete, al momento, l’Amministrazione Trump ha deciso di riattivare, lo scorso 12 marzo, i dazi sulle importazioni dall’Unione europea di acciaio, alluminio e determinati prodotti derivati. Dazi che erano stati attivati nel 2018, e poi sospesi nel 2021. Gli Stati Uniti hanno, inoltre, annunciato la possibilità di attivare il prossimo aprile ulteriori dazi su altri comparti, di cui ancora non sono noti i dettagli. La Commissione europea ha risposto all’entrata in vigore delle misure statunitensi annunciando delle contromisure di riequilibrio, alcune delle quali scatteranno il primo aprile, mentre altre sono attualmente allo studio e dovrebbero entrare in vigore successivamente". "Il quadro è pertanto complesso e in costante evoluzione, tenuto conto che gli Stati Uniti hanno attivato misure simili anche nei confronti di altre Nazioni, ma io sono convinta che si debba continuare a lavorare, con concretezza e pragmatismo, per trovare un possibile terreno d’intesa e scongiurare una “guerra commerciale” che non avvantaggerebbe nessuno, né gli Stati Uniti né l'Europa. E credo che non sia saggio cadere nella tentazione delle rappresaglie che diventano un circolo vizioso nel quale tutti perdono. Se è vero che i dazi imposti sulle merci extra UE possono teoricamente favorire la produzione interna, in un contesto fortemente interconnesso come quello delle economie europea e statunitense, il quadro si complica". "I dazi possono facilmente tradursi in inflazione indotta, con la conseguente riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e il successivo innalzamento dei tassi da parte della BCE per contrastare il fenomeno inflattivo, come abbiamo già visto. Risultato: inflazione e stretta monetaria che frena la crescita economica. Non sono certa, insomma, che sia necessariamente un buon affare rispondere ai dazi con altri dazi. Per questo, credo che le energie dell’Italia debbano essere spese alla ricerca di soluzioni di buon senso tra Stati Uniti ed Europa, dettate più dalla logica che dall'istinto, in una ottica di reciproco rispetto e di convenienza economica".

"In questo Consiglio Europeo torneremo a confrontarci anche sul governo dei flussi migratori. Anche in questa occasione si riunirà il tavolo, che l’Italia promuove insieme a Danimarca e Paesi Bassie che vede coinvolti i governi maggiormente impegnati nel contrasto all’immigrazione irregolare. Anche questa volta, i lavori del Consiglio su questo tema sono stati anticipati dalla ormai consueta lettera della Presidente von der Leyen sull’attuazione della politica migratoria comune. Se oggi questi appuntamenti sono diventati una consuetudine; se finalmente ci si pone come priorità l’attuazione di partenariati paritari con le Nazioni di origine e transito, la difesa dei confini esterni dell'Unione europea, il rafforzamento della politica dei rimpatri, la costruzione di soluzioni innovative, questo lo si deve al ruolo decisivo che l’Italia ha svolto in questi anni per cambiare l’approccio europeo in materia di immigrazione". "Queste direttrici hanno orientato il nostro lavoro e ci hanno consentito di registrare un duplice obiettivo: la drastica riduzione degli sbarchi sulla rotta del Mediterraneo centrale, in particolare grazie al crollo delle partenze dalla Tunisia e dalla Libia, e la riduzione complessiva degli ingressi irregolari nella UE, anche sulle altre rotte, come quella balcanica. Nel 2024 gli sbarchi si sono ridotti del 60% rispetto al 2023 e di oltre il 35% rispetto al 2022. A differenza di quello che ho sentito sostenere, attualmente i numeri di quest’anno sono in linea con quelli del 2024, con piccole oscillazioni, date soprattutto da una complessa dinamica libica. Ma ci sono altri dati significativi che voglio condividere con voi. L’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni ci dice che nel 2024, sulla rotta del Mediterraneo centrale, a fronte di circa 66 mila arrivi, si sono registrati 1.695 morti e dispersi. Nel 2023, con oltre 157 mila arrivi irregolari, i morti e i dispersi sono stati 2.526. Nel 2014, l’anno dell’operazione Mare Nostrum, che nasceva per salvaguardare la vita in mare, gli arrivi furono circa 170 mila e si contarono 3.126 morti e dispersi. Cosa ci dicono questi dati? Che diminuire le partenze e stroncare il business dei trafficanti è l’unico modo per ridurre il numero dei migranti che perdono la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia e l’Europa. È questo il risultato che più ci deve rendere maggiormente orgogliosi"."In questi giorni abbiamo accolto con favore la proposta della Commissione europea sulla riforma del quadro legislativo europeo sui rimpatri, attraverso il passaggio da una Direttiva a un Regolamento direttamente applicabile nei 27 Stati membri. Lo riteniamo uno sviluppo estremamente significativo, anche per armonizzare la prassi dei diversi Stati membri e rendere ancor più efficace l’azione di rimpatrio di chi non ha titolo ad essere accolto sul territorio europeo. E’ fondamentale che l’Unione europea diventi efficace in questo: se entri illegalmente in Europa non puoi rimanere sul nostro territorio, devi essere rimpatriato. Non dimentico, ovviamente, il nostro impegno sulle soluzioni innovative. Tra queste c’è, in prima battuta, il Protocollo Italia-Albania, che il Governo è determinato a portare avanti, anche alla luce dell’interesse e del sostegno mostrato da sempre più Nazioni europee. Anche qui, al di là della propaganda, è chiaro a tutti che se nella nuova proposta di Regolamento si propone di creare centri per i rimpatri in Paesi terzi, è grazie al coraggio dell’Italia ch le anche su questo ha fatto da apripista".

"Naturalmente stiamo seguendo con grande attenzione il ricorso pregiudiziale innanzi la Corte di Giustizia, relativo proprio ai trattenimenti in Albania, ma non solo, e devo dire di essere rimasta favorevolmente colpita dal fatto che la maggioranza degli Stati membri UE, così come la stessa Commissione Europea, siano intervenuti, tra la fase scritta e la fase orale della causa, per sostenere la posizione dell’Italia sul concetto di Paese sicuro di origine. L’auspicio, ovviamente, è che la Corte scongiuri il rischio di compromettere le politiche di rimpatrio, non solo dell’Italia ma di tutti gli Stati Membri e dell’Unione Europea stessa, perché significherebbe minare alla base il sistema di Schengen e la stabilità stessa dell’Europa. Ma in ogni caso stiamo proponendo alla Commissione di anticipare il più possibile l’entrata in vigore di quanto previsto dal nuovo Patto Migrazione e Asilo sulla definizione di Paese di origine sicuro, anche per fare definitiva chiarezza su un tema molto controverso e oggetto, come sapete, di provvedimenti giudiziari dal sapore spesso ideologico".

"Il Consiglio Europeo di giovedì tornerà ad occuparsi, naturalmente, anche delle grandi crisi geopolitiche in atto, come diceva in apertura, a partire dal complesso quadro in Medio Oriente. Seguiamo con grande preoccupazione la ripresa dei combattimenti a Gaza, notizia delle ultime ore, che mette a repentaglio gli obiettivi ai quali lavoriamo: il rilascio degli ostaggi, di tutti gli ostaggi, e una fine permanente delle ostilità, così come il ripristino di una piena assistenza umanitaria nella Striscia. Voglio riportare a questo Parlamento la gratitudine espressa ieri da Re Abdullah II di Giordania per il fondamentale contributo italiano all’iniziativa da lui promossa di un corridoio aereo per garantire aiuti umanitari nella Striscia. Detto ciò, l’Italia accoglie con favore il Piano di ricostruzione presentato al vertice del Cairo lo scorso 4 marzo dai Paesi arabi. Per poter muovere verso una sua applicazione, nella prospettiva più ampia di una pace stabile e duratura e della soluzione politica a due Stati, è però necessario che Hamas rilasci gli ostaggi e deponga le armi. Allo stesso tempo, torniamo ad esprimere la nostra preoccupazione per quello che sta accadendo in Siria, in particolare dopo gli ultimi brutali attacchi che hanno visto milizie legate al nuovo governo di transizione uccidere centinaia di civili, appartenenti in gran parte alla minoranza alawita, ma colpendo anche la minoranza cristiana". "Insieme ai partner europei, siamo impegnati a richiamare il nuovo governo a garantire una transizione democratica, fondata sul rispetto e sulla piena inclusione di tutte le minoranze etniche e religiose, a partire da quelle alawita, cristiana e curda. Ci uniamo all'auspicio di Papa Francesco, affinché, cito testualmente, "il popolo siriano possa vivere in pace e sicurezza nella sua amata terra, e le diverse religioni possano camminare insieme nell’amicizia e nel rispetto reciproco". E con l'occasione voglio rivolgere con voi un affettuoso saluto al Santo Padre, che anche in un momento di prova non ha mai fatto mancare la sua forza e la sua guida. Il mio augurio, e so di poter interpretare il sentimento non solo di quest’Aula, ma di tutto il popolo italiano, è quello di poterlo vedere il prima possibile ristabilito del tutto"."La lotta al terrorismo è un altro aspetto determinante. Non ci devono essere spazi per un nuovo insorgere dell’Isis o ambiguità verso gruppi che intendano fare della Siria una base per organizzazioni terroristiche. Solo il rispetto di queste condizioni potrà consentire l’implementazione del ritiro delle sanzioni e delle misure restrittive iniziato settimane fa. Reputiamo, invece, molto incoraggianti gli sviluppi politici in Libano, e l’Italia continuerà a fare la propria parte a favore della stabilità e della sovranità libanese. In questo quadro, il mantenimento del cessate il fuoco rimane un fattore decisivo, così come l’impegno per sostenere le fasce più deboli della popolazione, a partire da sfollati interni e rifugiati.

"Come da tre anni a questa parte, tema centrale del Consiglio Europeo in materia geopolitica sarà la guerra di invasione Russa all’Ucraina. In questi giorni ho sentito molte ricostruzioni che non ho condiviso e voglio cogliere questa importante occasione per ribadire alcuni punti fermi, e per me centrali. La nostra ferma e totale condanna della brutale aggressione all’Ucraina, così come il nostro sostegno al popolo ucraino, non sono mai stati in discussione, fin da quella terribile notte del 24 febbraio 2022 che ha scioccato il mondo. Ero allora la leader dell’unico partito all’opposizione del governo Draghi. Stavo per volare ad un convegno proprio negli Stati Uniti quando arrivarono le prime notizie dell’invasione russa". "Chiamai l’Ambasciatore ucraino per manifestargli la nostra vicinanza, sentii Mario Draghi per assicurargli il sostegno di Fratelli d’Italia e poi partii per gli Stati Uniti, ribadendo anche da lì la fermissima condanna dell’attacco su larga scala contro Kiev. Scegliemmo allora da che parte stare, con chiarezza, condannando duramente un’aggressione militare che metteva a rischio le fondamenta stesse del diritto internazionale, e dando il massimo sostegno al popolo ucraino, che stava ricordando al mondo come la libertà fosse la cosa più preziosa della quale ogni essere umano dispone, e cosa fosse l’amor di Patria. Lo facemmo senza tentennamenti, perché ci sono momenti nei quali, inevitabilmente, i leader si distinguono dai follower, e chi ha a cuore l’interesse nazionale non lo baratta per una manciata di voti facili. A distanza di oltre tre anni, arrivati nel frattempo al governo della Nazione, quella scelta di campo è rimasta immutata. Non soltanto per Fratelli d’Italia, ma per l’intera maggioranza di centrodestra, che ha sempre e compattamente votato per questa linea"."Questo impegno lo rivendichiamo davanti al mondo, con orgoglio e determinazione. L’Italia si é dimostrata una Nazione solida e credibile, che ha una posizione chiara, e che rivendica il suo spazio sullo scenario globale. Una Nazione che rispetta i propri impegni internazionali, a pieno titolo protagonista in Europa e in Occidente, e per questo anche una Nazione il cui parere conta. Con la stessa determinazione voglio dire che siamo al fianco del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ogni qual volta viene attaccato per la sola ragione di aver ricordato chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti".

"Se l’Italia, insieme ai suoi partner europei e occidentali, avesse ascoltato i molti che, anche in quest’Aula, fin dai primissimi giorni dell’invasione, esortavano ad abbandonare al proprio destino l’Ucraina, perché “tanto non c’era modo di opporsi all’armata russa”, oggi non avremmo alcuno spiraglio di pace. Avremmo solo assistito, colpevoli, all’invasione di uno Stato sovrano da parte di una autocrazia. Avremmo gli Stati dell’Europa orientale minacciati da possibili invasioni, e con loro tutto il Continente in pericolo. Le cose non sono andate così. Dopo più di tre anni di guerra, di sofferenze indicibili per la popolazione civile e perdite ingenti di uomini e mezzi, la Russia controlla circa il 19% del territorio ucraino, e non solo non è riuscita a prendere possesso dell’intera Ucraina, come pensava di fare in appena tre giorni, ma non ha neanche il pieno possesso neppure delle quattro regioni che aveva proclamato “ufficialmente annesse” nel settembre del 2022". "È lo stallo sul campo, come ho detto tante volte, che oggi può portare all’apertura di negoziati per la pace e rivendichiamo con orgoglio che questo non sarebbe stato possibile senza il sostegno, compatto e determinato, assicurato dall’Occidente al popolo ucraino. Dunque, salutiamo positivamente questa nuova fase e sosteniamo gli sforzi del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in questo senso. L’Italia considera la proposta di cessate il fuoco concordata l’11 marzo a Gedda da Stati Uniti e Ucraina un primo, significativo, passo di un cammino che deve portare a una pace giusta e duratura per l’Ucraina, con garanzie di sicurezza solide, efficaci e di lungo periodo, per l’Ucraina stessa, per l’Europa nel suo complesso, e per i nostri alleati americani, che non possono permettersi di siglare un accordo di pace violabile. Questo passo in avanti è stato accompagnato positivamente dall’immediato ripristino delle forniture militari e dei servizi di intelligence americani a vantaggio di Kiev". "È un passo in avanti che deve essere sostenuto compattamente, rimettendo ora la responsabilità di una scelta in capo alla Russia, da cui ci attendiamo concreti e rapidi passi nella stessa direzione. Sono giornate delicate, nelle quali io credo che sia più che mai necessario astenersi dal rincorrere il commento ad ogni singola dichiarazione di ogni protagonista in campo, lavorando invece intensamente sul piano diplomatico, fuori dal clamore, alla ricerca di un difficile equilibrio che possa soprattutto garantire all’Ucraina un futuro sicuro e a noi la serenità che i cittadini vogliono tornare ad assaporare. Ma per farlo, intendiamo continuare a insistere su quello che per noi non è soltanto un pilastro culturale e di civiltà, ma un banale dato di realtà: non è immaginabile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l’Europa e gli Stati Uniti. È giusto che l’Europa si attrezzi per fare la propria parte, ma è nella migliore delle ipotesi ingenuo, nella peggiore folle, pensare che oggi possa fare da sola, senza la NATO, fuori da quella cornice euro-atlantica che per 75 anni ha garantito la sicurezza dell’Europa e che in questi ultimi 3 anni ha consentito all’Ucraina di resistere".

"Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere tra Europa e Usa lo fa strumentalmente, per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita, dando a Donald Trump - piaccia o no - il mandato di governare e di conseguenza ai partner occidentali di fare i conti con questa America. Chi per ragioni diverse alimenta una narrazione diversa, tentando di scavare un solco tra le due sponde dell’Atlantico, non fa che indebolire l’intero Occidente, a beneficio di ben altri attori. Noi crediamo che l’Italia debba spendere le sue energie per costruire ponti, non per scavare solchi. E, pur in uno scenario tutt’altro che facile, può fare la sua parte. Così come riteniamo che l’Italia debba lavorare, dialogando con i propri partner, a proposte efficaci per la costruzione di una pace giusta e duratura. E non ci interessa il protagonismo delle parole, ci interessa il protagonismo dei fatti. Significa, anche, che il ruolo dell’Italia non è quello di seguire acriticamente i partner europei piuttosto che statunitensi, ma al contrario quello di offrire il suo franco punto di vista e se necessario segnalare anche il suo dissenso, perché la posta in gioco è troppo alta. E questo fa una Nazione seria. È quello che abbiamo fatto di fronte a proposte che rispettiamo ma non ci convincono, sempre ringraziando, in ogni caso, chiunque in questa fase si assuma la responsabilità di fare delle proposte. Quindi, ancora una volta sarò chiara, anche davanti a quest’Aula: l’invio di truppe italiane in Ucraina è un tema che non è mai stato all’ordine del giorno, così come riteniamo che l’invio di truppe europee – proposto in prima battuta da Regno Unito e Francia – sia un’opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace". "Ecco perché la proposta che io ho formulato ai nostri partner europei e occidentali prevede l’attivazione di garanzie di sicurezza, tra l’Ucraina e le Nazioni che intendono sottoscriverle, sul modello del meccanismo previsto dall’articolo 5 del Trattato NATO, senza che questo implichi necessariamente l’adesione di Kiev all’Alleanza Atlantica. E, vista la confusione che si è fatta anche su questo, ricordo che i termini dell’art. 5 del Trattato NATO non prevedono, come si dice, l’automatica entrata in guerra in caso di aggressione di uno Stato membro. Prevedono l’assistenza alla Nazione aggredita con l’azione che si reputa più necessaria. Il ricorso all’uso della forza è una delle opzioni possibili, ma non è l’unica opzione possibile. E il meccanismo che immaginiamo non sarebbe ovviamente a senso unico, ma permetterebbe alle Nazioni che intendono sottoscrivere le garanzie di poter contare anche sull’Ucraina in chiave difensiva, e oggi l’Ucraina possiede uno degli eserciti più solidi dell’intero continente". "È una proposta che noi reputiamo molto seria, e sulla quale sto riscontrando un consenso crescente. E sarebbe, dal nostro punto di vista, decisamente meno complessa, meno dispendiosa e più efficace delle altre proposte attualmente in campo. Le garanzie di sicurezza restano la chiave di volta di qualsiasi ipotesi di pace duratura in Ucraina e in Europa, e rappresentano anche il modo migliore per costringere la Russia a giocare a carte scoperte: se non è nelle intenzioni di Mosca procedere in futuro a una nuova invasione, quale sarebbe il motivo di un’opposizione a garanzie di sicurezza solo difensive? Questa è la proposta che l’Italia sta confrontando con i propri partner. Il Consiglio Europeo sarà quindi chiamato a fare passi avanti in questa direzione, e come sempre faremo la nostra parte".

"Così come faremo sull’altro grande tema in discussione, quello della difesa. Come sapete, il 6 marzo scorso si è svolto il Consiglio informale sulle tematiche della difesa, che molto stanno occupando il dibattito politico in questi giorni, tanto a livello nazionale quanto europeo. E’ una discussione che proseguirà anche nel Consiglio ordinario, nel corso del quale ci si confronterà sul Libro Bianco sulla difesa. Anche qui, l’occasione mi consente di fare chiarezza su alcuni punti, fuori da ogni semplificazione e strumentalizzazione di parte. Il 6 marzo la Presidente von der Leyen ha presentato il piano “ReArm Europe”. Al di là dei contenuti, sui quali arrivo tra poco, già in quella sede ho segnalato di non condividere questa denominazione. Si è detto che chiedevo di cambiare il nome perché voglio confondere i cittadini, mentre l’ho fatto perché credo che, invece, ReArm Europe sia un nome fuorviante per i cittadini. Che cosa intendo: certamente oggi siamo chiamati a rafforzare le nostre capacità difensive, di fronte alle nuove sfide geopolitiche, alle maggiori responsabilità a cui veniamo richiamati in ambito NATO e alla necessità di rafforzare il ruolo dell’Europa in questo contesto. Ma oggi, rafforzare le nostre capacità difensive non significa banalmente acquistare armamenti". "Intanto perché non si tratta di acquistarli, magari da Paesi stranieri, quanto semmai di produrli, rafforzando la competitività e sostenendo gli investimenti delle nostre aziende e del nostro tessuto produttivo. Ma ancora prima, perché rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al semplice potenziamento degli arsenali. In epoca di minacce ibride, la sicurezza è una materia molto vasta. Pensiamo alla difesa dei confini, alla lotta al terrorismo, all’importanza della cybersicurezza, soprattutto nell’era dell’intelligenza artificiale, quando un attacco hacker può in un attimo mettere a rischio l’operatività dei servizi essenziali. Pensiamo alla necessità di sviluppare e difendere il dominio sottomarino, laddove passano gran parte delle nostre comunicazioni e dei nostri dati; pensiamo a quanto è importante presidiare i gasdotti e le altre infrastrutture energetiche, garantire la sicurezza delle rotte commerciali e delle catene di approvvigionamento alimentari, presidiare il dominio spaziale. Tutte cose che non si fanno semplicemente con le armi"."Senza questo approccio a 360 gradi non c’è difesa, senza difesa non c'è sicurezza e senza sicurezza non c’è libertà, perché senza sicurezza non possiamo proteggere l’Italia, le sue imprese e i suoi cittadini. Quindi, quando abbiamo proposto di rinominare il piano utilizzando le parole “Defend Europe”, non abbiamo posto una semplice questione semantica o nominalistica, ma abbiamo proposto una questione di sostanza. Di merito. Noi riteniamo che debba essere chiaro che con le risorse a disposizione si possono finanziare anche tutte le cose che ho elencato. Materie che non dovrebbero essere una preoccupazione solamente per la sottoscritta, ma almeno per tutti coloro che sono seduti in quest’aula. Un altro punto che mi interessa chiarire riguarda l’entità finanziaria del Piano. La Presidente Von der Leyen ha indicato in 800 miliardi di euro la sua dimensione complessiva. Credo che sia molto utile precisare, a beneficio del Parlamento e ancor più dei cittadini che ci ascoltano, che questi 800 miliardi di euro non sono né risorse che vengono tolte da altri capitoli di spesa né risorse aggiuntive europee".

"Sul primo punto, anzi, voglio ricordare che l’Italia si è opposta con fermezza alla possibilità che una quota dei fondi di coesione, risorse per noi fondamentali, venisse automaticamente spostata sulla difesa. È una battaglia che abbiamo vinto. Rimane la possibilità per gli stati membri di utilizzare volontariamente una quota dei fondi di coesione e approfitto per annunciare che l’Italia non intende distogliere un solo euro dalle risorse della coesione. Spero che almeno su questo possiamo trovarci tutti d’accordo. Dopodiché il Piano arriva a 800 miliardi di euro con due voci. La prima, 150 miliardi, dovrebbe corrispondere a prestiti che gli Stati Membri possono attivare, se reputano opportuno farlo, garantiti dall’Unione Europea. Si tratta cioè di eventuali prestiti su base volontaria, ma su questa misura ci riserviamo di dire di più quando avremo tutti i dettagli. La seconda voce, che vale 650 miliardi di euro, è sostanzialmente teorica. Nel senso che è la stima di quanto potrebbe cubare un ulteriore indebitamento nazionale se ciascuno Stato Membro decidesse di ricorrere a deficit aggiuntivo per massimo l’1,5%, al di fuori del vincolo della clausola di salvaguardia del patto di stabilità e crescita"."In sostanza, non si tratta di spendere 800 miliardi di risorse attualmente esistenti nei bilanci degli Stati Membri, magari tagliando servizi ai cittadini per poter reperire risorse o smettendo di investire sugli altri capitoli. Si tratta invece della possibilità di ricorrere a deficit aggiuntivo, rispetto a quanto normalmente previsto dal patto di stabilità. Questo è il quadro che ci è stato proposto, e in questo quadro l’Italia valuterà con grande attenzione l’opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal Piano. Lo dico perché l’Italia può vantare, in questa fase storica, degli indicatori economici e finanziari estremamente positivi, un patrimonio al quale non intendiamo rinunciare. Secondo l’ultimo Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale l’Italia è l’unica Nazione del G7 ad essere tornata dopo il Covid in avanzo primario. Lo stato di salute dei nostri conti pubblici è molto buono, come testimonia anche il basso livello dello spread, stabilmente almeno cento punti al di sotto del livello registrato al nostro insediamento". "E’ la ragione per la quale io credo che sia nostro dovere proporre anche soluzioni alternative alla semplice creazione di nuovo debito. Ed è per questo che, con il Ministro Giorgetti - che ringrazio per l’importante lavoro di questi giorni - abbiamo proposto un meccanismo di garanzie pubbliche europee, coordinato e integrato con i sistemi nazionali, sul modello di quello attualmente viene utilizzato per il programma InvestEU, per mobilitare più efficacemente i capitali privati e rilanciare gli investimenti nel settore della difesa, nel quale l’Italia - ricordiamolo - può vantare dei campioni assoluti. Così come uno straordinario tessuto di piccole e medie imprese ad alto tasso tecnologico, che vogliamo difendere e sostenere perché volano di crescita e di investimenti. Perché stimolare la crescita, in tutti i settori, è la sola garanzia per creare ricchezza da redistribuire. E una politica economica espansiva che dedicasse risorse, aggiuntive e non sostitutive, agli investimenti in sicurezza, ricerca, infrastrutture strategiche, nuove tecnologie, avrebbe un effetto rilevante sulla crescita economica e sull’occupazione, senza deteriorare le altre voci di spesa pubblica. Ovviamente mantenendo l’equilibrio complessivo dei conti pubblici che caratterizza questo governo".

"Lascio quindi volentieri ad altri, in quest’aula e fuori, quella grossolana semplificazione secondo cui aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare. Non è, ovviamente, così, e chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa, ma perché centinaia di miliardi sono stati bruciati in provvedimenti che servivano solo a creare consenso facile. La demagogia non mi interessa. Come sempre gli italiani giudicheranno, e gli italiani hanno dimostrato di essere molto più intelligenti di quanto certa politica creda. Penso che gli italiani sappiano bene che sono state proprio le classi politiche concentrate solo su se stesse ad averci consegnato un’Italia debole. Ma non chiedete a me di lasciare questa Nazione esposta, incapace di difendersi, costretta a dire sì, semplicemente perché non ha un’alternativa". "Non sono la persona giusta per questo.  So che la libertà ha un prezzo, e so, che se non sei capace di difenderti da solo non puoi neanche decidere, contare, affermare il tuo interesse nazionale. Il paradosso è che chi oggi sventola le bandiere della pace contro le spese per la difesa si lamenta anche di una eccessiva ingerenza americana nelle nostre vicende. Beh, signori, le due cose non stanno insieme. O demandi la tua sicurezza ad altri, e gli altri decidono per te, o impari a difenderti da solo e decidi tu. Le due cose non stanno insieme".

"Ecco perché abbiamo sempre creduto nell’obiettivo – ambizioso ma ormai improcrastinabile – di costruire quel solido pilastro europeo della Nato di cui parliamo da molto tempo e che deve affiancarsi al pilastro nordamericano, in un’ottica di complementarità strategica. Posizione che portiamo avanti da sempre, e che l’attuale maggioranza di governo ha consacrato anche nel programma con il quale si è presentata agli italiani. Sono scelte difficili, colleghi, certo. Ma è il nostro lavoro. Mettere il destino degli italiani prima del nostro, la coscienza prima dei sondaggi, ciò che è necessario prima di ciò che è conveniente. Particolarmente in un tempo come questo, quando ogni errore dettato dalla superficialità, dalla demagogia o dall’interesse di parte potrebbe presentare alla Nazione un conto molto salato da pagare". "In conclusione, colleghi, non è un tempo facile quello nel quale ci è stato dato il compito di guidare questa Nazione. Il quadro è in continua mutazione, e le nostre certezze continuano a diminuire. Ma c’è una certezza che per me non viene meno. Con una visione chiara, un po' di coraggio, concentrandosi solo sulle cose davvero importanti, e mantenendo come principale bussola di riferimento il suo interesse nazionale, l’Italia ha tutte le carte in regola per attraversare anche questa tempesta. Personalmente sono, e sarò insieme a tutto il governo, concentrata solo su questo. Come diceva Pericle: “La felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio”. Metteremo tutto il coraggio che serve, perché ai nostri figli domani non manchino la libertà e la felicità".

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