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Elena Santarelli: "Mio figlio ora sta bene, abbiamo passato l'inferno"

Elena Santarelli:
15 ottobre 2019 | 11.41
LETTURA: 3 minuti

Elena Santarelli torna a parlare della malattia che circa due anni fa ha colpito il suo primogenito Giacomo, 10 anni, avuto dall'ex calciatore Bernardo Corradi. E lo fa con una buona notizia: il bambino dallo scorso maggio sta bene. Invece di lasciarsi tutto alle spalle, Elena, che è mamma anche di Greta, 3, ha scritto un libro, Una mamma lo sa (Mondadori, Piemme, in uscita il 22 ottobre) raccontando il dramma vissuto nell'ultimo anno e mezzo. Lo fa senza censure, chiamando le cose con il proprio nome ("tumore") e rivelando quanto ha sofferto anche quando sembrava affrontare tutto con il sorriso.

A maggio scorso le hanno detto che suo figlio era di nuovo sano. Come avete passato questa prima estate liberi dalla terapia? "Giacomo ha chiesto di fare un viaggio a New York, siamo andati solo io, lui e il papà. Quando eravamo lì mi ha detto: 'Sto bene perché nessuno mi riconosce'. A giugno, durante un pranzo al mare, è entrato in acqua e ha cominciato a nuotare vestito. 'Mamma quanto è bello fare il bagno!', mi ha detto con gli occhi così brillanti che mi ha fatto commuovere".

Perché attirare di nuovo l'attenzione mediatica decidendo di scrivere questo libro? Sui social ha ricevuto molte critiche. "Non avrei mai accettato di farlo se non avessi potuto devolvere l’intero ricavato del libro all’associazione Heal, che sostiene la ricerca nell’ambito della neuro-oncologia pediatrica. Sarebbe stato più facile sparire, ma il presidente mi ha detto: 'Ti prego, Elena, hai portato tanto alla nostra causa”. Allora non mi sono tirata indietro. Anche se quelle critiche, i dubbi sulla mia buona fede, mi hanno profondamente ferita'".

Quanto le è costato scriverlo? "Tanto, anche se in parte è stato terapeutico. Chi ti dice di lasciarsi tutto alle spalle non sa di che cosa sta parlando, non ha vissuto la malattia. Ripercorrere alcune vicende mi ha fatto male, per questo, e non mi vergogno a dirlo, sto seguendo una terapia psicologica. Si chiama “Emdr” e si basa sul movimento degli occhi tra la psicoterapeuta e il paziente per elaborare il dolore. Questa tecnica ha aiutato anche Giacomo".

In effetti sembrava affrontare tutto con il sorriso. "E l'ho pagato caro (…) Ovunque andassi tutti mi facevano domande senza rendersi conto che Giacomo non aveva una banale influenza ma un tumore".

L'aiuto in questi casi è necessario? "Quando Giacomo era sotto terapia, volevo fare tutto da sola, mi sentivo Wonder Woman. Il mio unico pensiero era andare avanti, sembravo dopata. Poi c’è stato il crollo e ho capito di aver bisogno di aiuto".

Nel libro racconta che nove giorni prima della diagnosi di suo figlio anche lei si è sottoposta a una biopsia. "Ero stata operata per una coxartrosi. L’operazione era andata bene, ma il dottore mi disse che aveva trovato un tessuto che lo preoccupava, e quindi mi fecero una biopsia per capire se si trattava di una massa benigna o maligna (…) Se avessi dovuto fare il percorso di Giacomo non avrei avuto la sua forza e il suo coraggio".

Come sta oggi Giacomo? "Sereno, felice, anche se è cresciuto parecchio, sia in altezza che in maturità. Siamo nella fase “Follow up”, quindi per i prossimi cinque anni dobbiamo comunque fare controlli, ma l’ottimismo non ci mancherà mai".

Pensate ad allargare la famiglia? "Adesso proprio no, perché quando metti al mondo un figlio non ti rendi conto di tante cose, non pensi certo a quelle brutte. In questo caso sarebbe veramente rischioso per me, devo prima riprendermi, recuperare me stessa".

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