Poco personale e ricerca delle materie prime, così il proprietario del ristorante romano punta sul contenimento dei costi senza rinunciare alla qualità
"Anche il fine dining può essere sostenibile dal punto di vista dei costi e offrire al cliente un'esperienza a un prezzo abbordabile". Parola di Emanuele Cozzo, proprietario e direttore del ristorante romano Bistrot64, rilevato un anno fa. Un ritorno, in realtà, il suo, nel locale del quartiere Flaminio, di cui era stato socio in passato, quando aveva ottenuto la stella Michelin. Un traguardo che ora si ripropone, tornando al concept originario ma puntando soprattutto sulla sostenibilità. "Di solito un ristorante stellato - spiega - ha costi di gestione altissimi, sia come cucina sia come servizio, e questo si ripercuote sui prezzi alti chiesti al cliente. Noi riusciamo a mantenere il nostro menù di degustazione di cinque portate a 70 euro, a 90 euro quello di otto, vale a dire la metà di quello che si spende di solito in un ristorante di questo livello".
Come? La prima voce di spesa da contenere è sicuramente quella del personale. Al Bistrot64, infatti, lavorano solo sei persone, tra cucina e sala, compreso lo chef, il romano Giacomo Zezza, e lo stesso Emanuele Cozzo, che si è messo a disposizione lavorando in sala in prima persona, affiancato dal suo vice, il Restaurant manager e sommelier Nicola Bacalu. Dunque, un servizio semplificato, in cucina e in sala, senza rinunciare alla professionalità. E che sostenibilità faccia rima con semplicità si vede persino nell'abbigliamento del personale: una semplice maglietta al posto della divisa.
Poi, c'è la ricerca della materia prima, che, puntando sui piccoli produttori e su prodotti di nicchia, con preparazioni interamente homemade, consente di mantenere i conti in equilibrio. Il risultato è una cucina che ama definire "ancestrale", dalla forte influenza orientale ad eccezione dei piatti classici romani, fino ai dolci preparati direttamente dallo chef, senza fare ricorso a un maestro pasticcere. Anche la carta dei vini, composta da 200 etichette, è costruita sul rapporto qualità-prezzo. "Quello che voglio trasmettere - conclude Cozzo - è un concetto di informalità: un ristorante senza pretese, dove il cliente si senta a suo agio ma dove possa vivere una vera esperienza di fine dining, grazie a un'offerta low-cost, che sia alla portata di tutti e che al tempo stesso permetta all'azienda, di questi tempi, di sopravvivere".