
Esiliato in Siria dopo le critiche ai vertici militari, ora torna al fronte dopo la 'grazia'
Vladimir Putin perdona 'Spartak'. O lo condanna a morte. Il generale di divisione Ivan Popov, ex comandante della 58esima armata dell'esercito russo dispiegata nel sud dell'Ucraina, torna al fronte e completa la sua parabola. L'ufficiale era stato spedito in punizione in Siria e in seguito anche licenziato e arrestato dopo che due anni fa aveva sparato a zero sulla pianificazione dell'operazione militare speciale e contro il capo di stato maggiore delle forze russe Valery Gerasimov. Ora, è stato 'perdonato' e tornerà al fronte ucraino, ha reso noto nei giorni scorsi il suo avvocato difensore, Sergei Buinovsky.
In realtà è stato reintegrato, ha precisato in seguito una fonte militare citata da Kommersant, per comandare il battaglione di ex detenuti o militari in punizione (i cosiddetti 'Storm Z' noti per l'impiego degli uomini come carne da cannone). "Una condanna a morte", ha commentato il 'think tank' americano Institute for the Study of War.
Il suo licenziamento aveva oltraggiato gli ultranazionalisti, ufficiali e veterani, i "gladiatori", come Popov chiamava gli uomini al suo comando (per questo, a una unità Storm Z assegnata alla 58esima armata era stato dato il nome di Storm Gladiator', potenziale unità privata al comando di Popov sul modello della Wagner), che avevano accusato il ministero di aver rimosso il generale, che era riuscito a respingere l'offensiva delle forze di Kiev a Zaporizhzhia nel giugno del 2023, per coprire altri problemi della struttura militare. "Il comandante leggendario è tornato al fronte!", ha scritto il blogger Vladimir Rogov.
Nel 2023, Popov aveva registrato un messaggio audio inviato ai suoi ufficiali, e fatto in seguito trapelare da un deputato, in cui non aveva risparmiato le critiche ai vertici della difesa in cui spiegava che era stato rimosso dall'incarico per essersi lamentato.
"Le forze armate ucraine non possono rompere il fronte delle nostre forze ma i nostri comandanti ai vertici di colpiscono alle spalle, decapitando in modo vile e traditore le forze militari nel momento più taso e difficile", aveva detto nel luglio del 2023, dopo la tentata rivolta di giugno contro i vertici militari di Evgheny Prigozhin. Popov aveva denunciato a Gersasimov la mancanza di rifornimenti di artiglieria per i suoi uomini. "I vertici militari mi hanno visto come un pericolo e velocemente, nel giro di un giorno, si sono inventati un ordine del ministero e mi hanno rimosso, liberandosi di me".
In un primo momento Popov, chiamato dai suoi uomini Spartak, era stato inviato in Siria come vice comandante del contingente russo dislocato in sostegno delle forze di Assad. Ma lo scorso maggio era stato arrestato per presunta frode. L'accusa, al processo al tribunale militare di Mosca, aveva chiesto una condanna a sei anni di carcere. Popov era stato allontanato dalle forze armate.
Lo scorso marzo il generale aveva scritto una lettera aperta al Presidente Putin in cui sosteneva che il caso aperto contro di lui era privo di fondamento e chiedeva al leader russo, a cui si rivolgeva come "guida morale e ruolo modello", il cui esempio "mi ha fatto capire cosa significa la parola leggendario, testa fredda, cuore caldo e mani pulite", di poter tornare sul campo di battaglia. Popov ha ora sottoscritto un accordo con il ministero della Difesa in cui lui viene reintegrato, seppur in una missione considerata suicida, e il caso a suo carico viene sospeso.